recensioni

Martinicca Boison

Per non parlare della stega
Partiamo subito con il citare l’elemento esterno al gruppo, che ha collaborato in alcune canzoni in questo debutto dei Martinicca Boison, tal Erriquez Greppi dei Bandabardò. A questo punto avrete già capito quali possono essere le coordinate musicali della band toscana, coordinate di movimento che si aggirano dalle parti del folk, ma anche della musica d’autore e del pop trasversale. Coagulatisi nel 2002, i vari componenti del combo hanno portato nei Martinicca Boison le loro precedenti esperienze musicali: classica, etno-popolare e rock progressive. Non a caso tutti questi generi salgono in superficie di tanto in tanto durante lo scorrere degli undici brani in scaletta. Momenti di ballo “sfrenato” si alternano ad attimi più pacati (per esempio in “Adesso”), che risultano i più ispirati e coinvolgenti. Le liriche, ovviamente in italiano, raccontano storie di vita quotidiana con un piglio da poeti navigati. Un disco fantasioso che merita più di un ascolto. Da segnalare, inoltre, che nel cd è presente anche una traccia video del brano “Pensieri Di Un Pattinatore Notturno Al Ritorno Dalla Flog”, che risulta più interessante e geniale di molte produzioni patinate in onda sui canali televisivi di carattere musicale. I Martinicca Boison sembrano Vinicio che al bancone di un bar osserva gli Ataraxia, che stanno salutando Conte, mentre quest’ultimo parla animosamente con i Bandabardò. Bello, più di ogni immaginazione.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Killing joke

Killing joke - What's This For…! - Revelations - H
La notizia non può che rendere felici. I primi quattro album dei Killing Joke sono stati ristampati in versione rimasterizzata con l’aggiunta di bonus track. Come dire che l’irruenza iconoclasta del post punk torna a risplendere in questo millennio avaro di piacevoli sorprese sonore. L’importanza dei Killing Joke è fuori discussione, importanza che con i primi tre lp è esplosa in tutta la sua devastante violenza. E’ quindi con calorosa partecipazione che vi esorto ad ascoltare questi lavori, che ancora oggi, a distanza di un quarto di secolo, suonano come uno schiacciasassi sulle vostre orecchie. Nulla si è perduto nel suono cupo e martellante dei Killing Joke e nello splendore della rimasterizzazione, brani come “Wardance” e “Requiem” dal primo omonimo album, o “Follow The Leader” e “Tension” dal secondo lp “What’s This For…!”, oppure “Empire Song” e “Chop Chop” dal terzo 33 giri “Revelations”, o le versioni live racchiuse in “Ha”, originariamente pubblicato in formato 10 pollici, sono lame affilate che tagliano l’aria sfortunatamente di passaggio davanti alle vostre casse acustiche. Inoltre le bonus track, sapientemente inserite in ciascun cd, porteranno la vostra gioia al settimo cielo. I Killing Joke sono tornati con il loro apice creativo, se li avete amati, avete capito di cosa sto parlando, se invece eravate troppo giovani o incoscienti (insomma ascoltavate altre cose), è giunto il momento di farvi “male” con questi quattro cd. Volume al massimo e “seguite il leader” nel suo viaggio epocale. Lo scherzo che uccide non perdona.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Editors

Te back room
Prima di scrivere questa recensione ho voluto leggere quello che la stampa e le web-zine italiane hanno detto del debutto degli inglesi Editors. Ebbene, la maggior parte delle recensioni stronca il disco tirando in ballo gli Interpol e la mancanza di idee dell’album. “Perfetto”, ho pensato tra me e me, perché per il sottoscritto questo è uno dei dischi più belli che siano usciti nel 2005. Chissà, forse peserà il fatto che il mio gruppo preferito di sempre sono i Joy Division, forse sarà l’età, forse sarà che non trovo sbavature in “The Back Room”, ma questo album è bellissimo nella sua aura dark, nel suo essere nero, scuro e tenebroso. I tre singoli estratti dall’album: “Munich”, “Blood” e “Bullets”, fanno bella mostra lungo la tracklist, ma la cosa stupefacente è che sono i restanti pezzi a far gridare al miracolo. Ascoltate “All Sparks” e capirete, inginocchiatevi davanti a “Camera”, urlate di disperazione con “Someone Says”, alzate le braccia al cielo ed imprecate durante “Open Your Arms” e volteggiate su voi stessi con “Distance”. Gli Editors sono il post punk targato 2006. A detta di molti sono la risposta inglese agli americani Interpol (evidentemente costoro sono troppo giovani per ricordarsi di Ian Curtis e company), sono il gruppo che mancava tra i Radiohead ed i Coldplay, sono l’ardore dell’anima, sono la malinconia fatta a musica, sono distanti anni luce da tutti quei gruppi che sorridono felici (di cosa?) dalle pagine patinate di riviste inutili, da video-clip insulsi che promuovono canzoni insipide. Insomma abbandonate una volta per tutte quei sorrisi finti che avete stampato sulla faccia e lasciatevi travolgere da queste canzoni dal sapore autunnale. Grandissimi, epocali. I Joy Division hanno finalmente trovato (a venticinque anni di distanza) i loro degni successori.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Starsailor

On the outside
Terzo album per gli Starsailor e terzo centro perfetto. Più ascolto i loro dischi e più mi convinco che c’è poco da sperare, gli inglesi/’mericani hanno una marcia in più rispetto al nostro standard di produzione. Riescono a scrivere canzoni dalle melodie ineccepibili con una facilità disarmante, noi invece sappiamo esercitarci con la tradizione napoletana (senza nulla togliere alla tradizione napoletana), o eseguiamo canzoni in stile sanremese sperando di coinvolgere orde di ragazzini ansimanti. Basterebbe quindi un pizzico della melodia che riescono a comprimere gli Starsailor nei loro pezzi, per fare quel salto di qualità atteso ormai da troppo tempo. Detto questo possiamo tornare al gruppo inglese, che con il terzo album in carniere dimostra la sua assoluta grandezza. Il disco si apre con “In The Crossfire” (primo singolo estratto dall’album), una rock song dai toni energici con un bel videoclip di supporto (il singolo è uscito nei formati 45 giri colorato, cd e dvd), per poi proseguire con “Counterfeit Life” e “In My Blood”, quest’ultima è da ascoltare ad occhi chiusi con un botta e risposta, tra voce solista e coro, da brividi. Pensate che sia tutto qui? Vi sbagliate, perché il bello deve ancora arrivare. Innamoratevi della chitarra di “Faith Hope Love”, o cantate all’unisono con James in “I Don’t Know”, soffrite con lui e preparatevi a “Way Back Home”, classica ballata alla Starsailor. Abbiamo così appena superato la boa dell’album, nei pezzi che ci accompagneranno nel nostro viaggio di ritorno figurano, tra le altre, “This Time” (secondo singolo) e “White Light”, semplicemente magnifica. Gli Starsailor hanno scritto un grande terzo album. La musica inglese è ottimamente rappresentata da questo quartetto. Se però i vostri ascolti sono legati ai cantanti melodici italiani non perdete tempo. Passate oltre.

Formato: cd - cd+dvd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Madonnna

Confession on a dance floor
“Ray Of Light” era stato l’apice, a mio avviso, della carriera di Madonna ed oggi con “Confessions On A Dance Floor”, la cantante americana raggiunge un’altra vetta di assoluta magnificenza. Madonna ritorna alla dance e lo fa in maniera assoluta, ma soprattutto credibile. Il pezzo d’apertura dell’album, “Hung Up” (primo singolo), è adrenalina dance allo stato puro, complice un video ballerino da antologia, ma non da meno è il resto del disco, con l’intro di “Sorry” dove Madonna sussurra anche un paio di parole in italiano, “Future Lovers” con la base iniziale “rubata” a “I Feel Love” di Donna Summer e “I Love New York”, atto d’amore nei confronti della sua città d’adozione, con un ritmo così sostenuto, che è impossibile non ballare. A questo punto il disco rallenta un poco la sua corsa dance ed entra in una fase più riflessiva con “Let It Will Be”, per raggiungere un momento di splendore cosmico con “Forbidden Love”, voce filtrata e lento da godersi con la propria/o amata/o. Il cd riprende quota con “Jump, altro potenziale hit da classifica e prosegue con l’electro song alla Kraftwerk “How High”. Stiamo per giungere alla fine del disco. “Isaac” inzia con il canto di Yitzhak Sinwani, che sembra perfettamente calato nel suono iper tecnologico di Madonna, ma fate attenzione perché stiamo per arrivare al capolavoro dell’album. “Push” ci avvolge, ci tormenta, ci fa desiderare, ci accarezza, ci scuote, i suoi campanellini ci deliziano mentre la voce di Madonna scandisce militarmente il titolo della canzone. Infine il disco si chiude con “Like It Or Not”, esercizio di stile che sembra il perfetto titolo di coda di ogni film capolavoro. A questo punto non mi rimane altro che informarvi che in Italia è stato importato anche una versione limitata del cd, pubblicata per il mercato americano. Un lussuoso box che contiene due libri, uno pieno zeppo di foto, l’altro assolutamente intonso, una sorta di diario per le vostre più intime confessioni. Se avete più di trenta anni non mancate l’ascolto, se invece siete dei giovani continuate a fare le vostre cose e non preoccupatevi. Le vostre popstar di cartapesta sono lì a tenervi compagnia.

Formato: cd - cd box


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Appaloosa

Non posso stare senza di te
Onde di energia a profusione si infrangono sui dieci brani di questo secondo cd degli Appaloosa, gruppo livornese nato nel 1998 e subito distintosi per la capacità di mettere in musica una violenza sonora di marca Primus con una buona dose di originalità. Figli illegittimi degli Splatterpink, gli Appaloosa si sono subito distinti nel loro percorso artistico grazie ad un primo album pubblicato dall’etichetta legata alla manifestazione “Arezzo Wave”, che ha riscosso unanimi consensi non solo tra gli appassionati di musica strumentale, ma anche nei padiglioni auricolari dei fan del post-noise di statunitense memoria. Nel 2004, con l’arrivo di un nuovo componente, che ha portato il suo bagaglio di synth, drum machine e campionatori, il sound degli Appaloosa ha preso una nuova direzione, risultando ancora di più al passo con i tempi. La pubblicazione di “Non Posso Stare Senza Di Te”, ne è una testimonianza più che concreta. Il suono si è maggiormente indurito, mettendo in relazione suoni artefatti ed il sudore di musicisti piegati sui loro strumenti. L’iniziale “Brigidino” è un attacco sonoro portato con lucida determinazione, attacco che si attenua un poco con la seguente “Ap(p)ache”, che sembra uscita da un film poliziesco anni settanta. Nel prosieguo del cd “La Roby” rialza il tiro, che poi resta immobile in “Non Posso Stare Senza Di Te”, esperimento di post electro pop con tappeti vocali che sembrano usciti dai Daft Punk. Con “Victor And Angel”, invece, il gruppo sembra relegato nelle sperdute distese tra cowboy gay e indiani alcolizzati, ma la seguente “Abort & Retry” ci riporta alla realtà fatta di sonorità dure, squadrate come un cubetto di marmo. I restanti quattro pezzi scopriteli da soli. La scelta di eliminare quasi in toto le parole, mette al riparo gli Appaloosa dal pericolo di essere considerati il solito gruppo di indie noise rock, che vive guardando di riflesso quello che succede nell’impero della musica. Volete un suggerimento, spacciatevi per americani, cambiate nome all’anagrafe e trasferitevi a Chicago. Se farete questa scelta vorrà dire che ritornerete in Italia sulle ali del successo e dell’interesse di tutta la stampa e di tutti i devoti all’indie rock. Appaloosa: pensateci.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

The human league

Original remixes and rarities
L’importanza degli Human League è fuori discussione. La grandezza di album come “Reproduction”, “Travelogue” e “Dare” è ormai assodata. La capacità di portare la musica elettronica in classifica è un fatto storicamente condiviso da tutti gli studiosi del globo. La bellezza suggestiva di oltre quindici singoli è ancora nel cuore di centinaia di migliaia di ascoltatori. Insomma gli Human League hanno fatto la storia, hanno regalato momenti di bella musica e soprattutto erano credibili nel loro essere a metà strada tra il pop da classifica e la sperimentazione elettronica. Ovvio, quindi, in considerazione del fatto che il gruppo è da qualche anno che non riesce ad uscire da una stasi creativa, che periodicamente vengano pubblicati delle raccolte del bel tempo che fu. Oggi tocca ad una compilation con quattordici tracce pescate dal grande carniere di singoli del gruppo, estrapolate però in alcune tra le versioni più rare ed i remix più originali Si parte infatti con “Being Boiled” nella sua “Album Version”, preso dal debutto capolavoro della band uscito nel 1978, si passa quindi alla versione completa di “The Sound Of The Crowd”, per poi proseguire con il lato B di “Love Action”, quel “Hard Times”, che non avrebbe affatto sfigurato come titolo da copertina. Ovviamente non poteva mancare l’hit assoluto degli Human League, “Don’t You Want Me”, qui in versione “Extended”; come non poteva rifiutarsi di apparire “Mirror Man”, anch’essa in versione “Extended”. Il cd prosegue poi con altre versioni estese di “The Lebanon”, “Life On Your Own”, “Together In Electric Dreams”, “Human” e “Heart Like A Wheel”. Nel mezzo potete trovare un altro paio di lati B e l’improvvisazione di “(Keep Feeling) Fascination”. Infine vi segnalo che nel booklet si può leggere una breve, ma esaustiva, biografia del combo. Per i completisti della band un cd da avere. Per gli amanti della musica elettronica un ottimo momento di svago. Per i pop dipendenti una raccolta da divorare tutta d’un fiato.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Comedi Club

Comedi Club
Autunno 2004 il gruppo degli In limine, dopo essersi tolti qualche soddisfazione (premi vinti, esibizioni live importanti e varie) decide di sciogliersi. Succede, niente di preoccupante, il mondo del rock vive di questo da decenni. Alcuni ex In limine però si guardano attorno e sentono ancora l’esigenza di fare musica. Musica. Scelgono il nome di Comedi Club, il perché non è dato a sapersi e si lasciano andare ad una vena rock’n’roll più accentuata rispetto alla precedente esperienza (parole loro). I testi, in italiano, raccontano storie dalle forti tensioni, con urla che di tanto in tanto lanciano allarmi emozionali. E’ tempo di andare in sala e registrare un minicd. I giorni scelti sono il 20,21 e 22 maggio 2005 presso il Bunker. Quello che esce è una manciata di canzoni che devono molto al suono dei Marlene Kuntz, sia nell’uso delle musiche sia nel cantato. Emiliano Mazzoni sembra, in più di una circostanza, il Cristiano Godano più invasato che conosciamo. I Comedi Club all’ascolto di questo mini appaiono un gruppo molto fisico, che in un cd argentato soffre dello spazio ristretto che hanno i musicisti per muovere ogni singolo muscolo. Sicuramente il live è il momento di massimo splendore per i Comedi Club, che, come i loro padri spirituali, dal vivo possono offrire emozioni, violenza sonora e maledetto rock a profusione. Brano migliore il quinto in scaletta. Per sapere il titolo dovete cercarvi il cd, non posso dirvi tutto io. Segnalazione a latere: il gruppo si è iscritto al progetto SONDA del Centro Musica.

Formato: minicd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

David Bowie

The platinum collection
Il Duca Bianco non avrebbe bisogno di recensioni. Però bisogna perlomeno scrivere che questa raccolta è suddivisa in tre cd, che percorrono tutta la vita artistica di Bowie. Nel primo compact disc, infatti, possiamo gustarci le annate 1969/1974, nel secondo le stagioni 1974/1979 e nel terzo gli anni 1980/1987. In tutto 57 canzoni che rappresentano l’epopea di uno dei maggiori artisti della musica extracolta. Provate a pensate ad un hit di Bowie e sicuramente lo troverete in questo triplo box curato in tutti i suoi più piccoli particolari, dalla scelta dei tre scatti fotografici che identificano le tre fasi artistiche di David alla lista degli album, con tanto di copertina, ancora oggi disponibili sul mercato. Ovviamente non sono state dimenticare neppure le immagini del supporto che ha ridato vita alla musica sulle televisioni casalinghe del mondo intero: il dvd. Tre cd che racchiudono passione, vita, musica, ricordi e quasi vent’anni di hit, trasformazioni e bowie style. Insomma, come ormai è consuetudine, la collana “Platinum Collection” non sbaglia una uscita ed anche questa collezione si va ad aggiungere a quelle precedentemente pubblicate. Da ricordare, tra le altre, quelle dedicate a Genesis, Queen, Nomadi, Mina e Franco Battiato.

Formato: 3 cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Hector Zazou - Bernard Caillaud

Quadri + Chromies
In Francia, suo Paese d’origine hanno scritto: “Gli inglesi hanno Peter Gabriel, gli americani hanno David Byrne, noi abbiamo Hector Zazou”, non male per il musicista/compositore/arrangiatore transalpino, che da oltre trenta anni si diletta nel mondo della musica elettronica contemporanea. Non male per questo artista già avvezzo alle collaborazioni musicali, che con “Quadri+Chromies”, ultima fatica discografica, si spinge oltre, dando vita ad un progetto musicale molto ambizioso. Hector ha infatti cercato di dare “spessore sonoro” alle pitture numeriche di Bernard Caillaud. Il progetto è stato presentato per la prima volta a Firenze all’interno del Festival Fabbrica Europa nel 2002, replicato a Mosca in ottobre del 2003, a Monterey (Messico) nel 2004 e a Sofia (Bulgaria) nel marzo del 2005 ed oggi vede la luce sottoforma di cd e dvd. Il mio consiglio è quello di ascoltare, in assoluta tranquillità extrasensoriale, il cd audio, per poterlo assimilare con calma e rilassatezza e passare in un secondo momento al dvd, nel quale le musiche di Zazou accompagnano le forme numeriche di Caillaud. Come dicevo prima le collaborazioni in questo progetto si sono spinte verso nomi importanti del panorama internazionale, come Brian Eno, Ryuichi Sakamoto, David Sylvian, Peter Bruck e Bill Rieflin (REM). Tutti questi artisti hanno messo a disposizione di Zazou la loro genialità che ha dato vita ad undici tracce di musica obliqua, dal sound dilatato ed assolutamente avanguardistico. Il tutto è stato confezionato per il mondo intero dall’italianissima Materiali Sonori in una packaging raffinato che comprende il cd, il dvd ed un booklet sottoforma di dieci cartoline che possono dare vita ad altrettante immagini di copertina. In conclusione possiamo dire che se i francesi hanno Zazou, noi abbiamo la Materiali Sonori che ci permette, periodicamente, di ascoltare lavori di siffatta qualità. Consigliato anche, visto la presenza del dvd, a studi dentistici, ambulatori di medici generici, sale d’attesa, reception di alberghi o aziende, insomma dovunque ci sia la presenza di un tubo catodico che permetta la visione delle pitture numeriche e l’ascolto di “Quadri+Chromies”.

Formato: cd+dvd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Rolling stones

Rarities 1971-2003
I Rolling Stones sono ormai tornati allo splendore d’un tempo, inutile negarlo. Jagger e soci sembrano pronti per riconquistare il mondo, a dire il vero lo stanno già facendo con un tour mondiale, a sessant’anni suonati, come dire il vero rock’n’roll non muore mai. Questa nuova ondata di successo, ha fatto sì che il gruppo goda di una attenzione particolare e lo si può ben capire anche dalla pubblicazione di questo cd con sedici rarità che coprono uno spettro temporale molto ampio. Il tutto inizia con un pezzo datato 1989, per l’esattezza con il lato B di “Mixed Emotions”, che insieme a “Through The Lonely Nights” e “Let It Rock” sono inediti nel formato a 33 giri e questi ultimi due non sono addirittura mai apparsi prima in cd. Ma non è finita qui, perché si può ascoltare una versione live di “Tumbling Dice”, registrata per “Stripped”, ma poi non utilizzata ed una chicca da cardiopalma intitolata “If I Was A Dancer (Dance Pt. 2)”, pubblicata finora solo come singolo promozionale. Per gli amanti dei suoni live bisogna anche citare “Beast Of Burden”, “I Just Wanna Make Love To You”, “Wild Horses”, “Live With Me”, “Mannish Boy” e “Thru and Thru”, mentre sul versante lati B dobbiamo elencare “Anyway You Look At It” (“Saint Of Me” 1997) e “Wish I’d Never Met You” (“Terryfying”, 1989). Per completare la tracklist i Rolling Stones hanno voluto inserire alcuni remix molto interessanti, come “Miss You” (precedentemente pubblicata su un singolo del 1978), “Mixed Emotions” del 1989 e “Harlem Shuffle” nel remix “New York” di metà anni ottanta. Richards ha dichiarato all’uscita di questo cd che con “Rarities” si possono ben comprendere le due anime della band, quella fatta di sensazioni e quella costruita sullo stile sviluppato dagli anni sessanta ad oggi. Dal canto suo Jagger ha invece detto che quando si prepara un cd alcuni pezzi, con rammarico, rimangono esclusi e proprio con queste uscite si possono recuperare ed affiancare a registrazioni dal vivo particolarmente riuscite ed emozionanti. A coronamento di una raccolta ottimamente riuscita, un booklet con alcune bellissime foto di Annie Leibovitz e la descrizione/spiegazione di ogni traccia del cd. Da ascoltare con partecipazione reverenziale.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Psyco Sun

Silly things
Gli Psycho Sun sono in pista dal 1994 e leggendo la loro biografia si viene a sapere che la band salentina ha aggiustato il sound alcune volte prima di arrivare a questa forma di rock’n’roll/garage/punk di matrice anglofona, non solo per via dei testi, ma per una attitudine che permea tutto il cd. Non vi trattengo nel raccontarvi degli inizi, del brit pop, dei demotape, del primo album di sapore pop punk, dei testi in italiano all’inizio del nuovo secolo, del tour in Inghilterra con un concerto al fulmicotone sul palco dello storico Metro Club di Londra, dei riferimenti sempre più presenti nei confronti di band come Hives o International Noise Conspirancy, della partecipazione al Tora Tora Festival, dell’arrivo nell’accogliente e calda Urtovox, non voglio tediarvi con queste notizie di biografia spicciola, quindi tralascio e passo direttamente a questo “Silly Things”, che mette in mostra una manciata di brani di sano rock’n’roll. Lontani sono i tempi del pop “scanzonato”, oggi gli Psycho Sun sembrano fare sul serio. La band si è perfettamente calata nei brani con una struttura più articolata, piuttosto che in quelli dall’incedere “pestone” (“Corvette”), con punte di massimo splendore (“Something Is Happening”, “Lovers”, “A New Toy”) ed un brano spaziale intitolato “About Your Man”. Se vi capita di vedere il loro nome su qualche cartellone di concerti dalle vostre parti fateci un salto. Potreste scoprire una delle vostre band italiane per il 2006. Se invece preferite rimanere a casa, sdraiatevi su un tappeto, mettete il volume al massimo e mandate in loop continuo i brani 1, 3, 6 e 11, mentre fantasticate sul mondo del rock’n’roll e sognate di diventare una rockstar acclamata da teenager impazziti. Gli Pyscho Sun possono “servire” anche a questo, o più semplicemente per ascoltare un buon disco che “nasconde” alcune perle.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Shout out louds

Howl Howl Gaff Gaff
“Howl Howl Gaff Gaff” è il debutto sulla lunga distanza di un gruppo svedese che si chiama Shout Out Louds. Ho fatto un giro sul loro sito (www.shoutoutlouds.com) ed ho contato ben sette singoli pubblicati prima dell’uscita dell’album e nell’album poi racchiusi. Ho subito pensato che quando capitano queste cose (il 33 nella sua versione internazionale contiene 11 brani), ci si trova di fronte ad un capolavoro, ad uno di quei dischi che escono una volta ogni tanto, ad uno di quei dischi che sono una raccolta di singoli senza saperlo (in questo caso già si sapeva). Incuriosito fuori misura ho letto la loro biografia che inizia con un semplice “Hello”. Un semplice “ciao” per dire al mondo intero che loro sono quattro ragazzi ed una ragazza di Stoccolma che hanno scritto alcune canzoni ed una volta si facevano chiamare Luca Brasi. Ho quindi iniziato e sono stato travolto dall’ indie pop di “The Come back” (l’ultimo singolo in ordine di pubblicazione) con la voce di Adam calda e rassicurante. Ho sentito il bisogno di riascoltarlo due, tre, dieci, venti volte. Sono quindi passato a “Very Loud” (quinto singolo) ed il mondo paradisiaco della band mi si è dischiuso davanti agli occhi, mentre “Oh, Sweetheart” (sesto singolo) iniziava la sua generosa camminata grazie ad un coro da canticchiare fino all’eternità. Con “A Track And A Train” mi sono ripreso dalla gioia ed insieme a “Go Sadness” prepara ad un paio di canzoni da riascoltare all’infinito. “Please Please Please” (quarto singolo) con la sua chitarra sferzante ti predispone piacevolmente a qualsiasi cosa tu debba fare, “100°” (primo singolo) è la canzone dell’intero album. Perfetta nel suo pop, nel suo essere calibrata al punto giusto in ogni nota, in ogni parola. Mi ha ricordato il periodo d’oro dei Cure. Un diamante che fa brillare tutti i pezzi a lui vicino. “Hurry Up Let’s Go” e “Shut Your Eyes”, rispettivamente secondo e terzo singolo, sono il perfetto avvicinamento alla conclusione dell’album, che termina la sua corsa con “Seagull”. Insomma signore e signori, un grandissimo disco di indie pop, che è stato suonato nell’unica data italiana del tour europeo al Covo di Bologna appena il dicembre scorso. Un disco da ascoltare fino allo sfinimento e mostrarlo, con gesto di sfida, ai vostri amici troppo impegnati a seguire le gesta di cantanti in abiti succinti, per accorgersi che il mondo ha pubblicato un album di questa grandezza cosmica.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Oasis

Don't Believe The Truth
Avevo deciso di non scrivere dell’ultimo album degli Oasis. Avevo deciso che una “mia” recensione non se la meritavano dopo la brutta figura fatta all’Heineken Festival, con Liam Gallagher che abbandona il palco dopo una manciata di canzoni e costringe un esterrefatto fratello a concludere un live irrimediabilmente compromesso. Avevo deciso di non scrivere. Poi ascolto dopo ascolto ho dovuto cambiare idea. Ed oggi, a qualche mese di distanza dall’uscita, devo ammettere che “Don’t Believe The Truth” è un grande disco, un album che si avvicina, quasi a sfiorare, l’apice creativo di “(What’s The Story) Morning Glory?”, dopo dieci anni di alti e bassi. Un disco che riporta gli Oasis sul trono del Brit Pop, se un trono si trova da qualche parte del vostro immaginario. I due fratelli hanno finalmente ritrovato la creatività ed hanno pubblicato un 33 che ha già sfornato tre singoli da antologia. Nel trittico (“Lyla”, “The Importance Of Being Idle” e “Let There Be love”), il secondo singolo, che vede come protagonista la voce di Noel, è un brano che entrerà di diritto tra i classici non solo degli Oasis, ma credo della musica inglese. Insomma dopo aver registrato l’album, aver licenziato i produttori, aver chiamato dietro alla batteria Zak Starkey (figlio di Ringo Starr e con il suo arrivo un cerchio si è chiuso), aver scritto 66 canzoni ed averne scelte 11, aver dato fiducia, più che nel passato, alle capacità compositive di Liam, che per l’occasione si cimenta nella scrittura di ben tre canzoni, aver litigato con tutti quelli che sono passati davanti al loro naso, gli Oasis tornano tra i grandi. Il cd è disponibile sul mercato italiano in tre formati: cd, cd + dvd in una elegante custodia a libro e cd dualdisc, nuovo formato che in America sta spopolando. Da un lato il cd normale, dall’altro i contenuti dvd. Per i fan del gruppo inutile dire che in Inghilterra è possibile acquistare l’album nella versione a tiratura limitata in vinile con copertina apribile ed una litografia numerata. Ma i fan, ovviamente, già possederanno questa chicca.

Formato: cd - cd+dvd - cd dualdisc


(Pubblicato il: 28/11/2013)

ABC

Look Of Love - The Very Best Of ABC
Senza sembrare troppo nostalgico o ancorato ad un passato musicale che ovviamente non potrà tornare, vi esorto ad ascoltare questa raccolta uscita sul finire del 2005 con ben 2 cd ed un dvd. In tutto 44 brani che raccontano l’epopea degli ABC, gruppo capitanato da Martin Fry, che non a caso oggi è il solo che compare sulla copertina di questo “Very Best Of”. Gli ABC erano la punta di diamante di un pop elegante, fatto con giacche di lustrini e scarpe italiane, dove lunghi ciuffi biondi la facevano da padrone ed un senso di glamour sembrava sovrastare tutta la musica. Dopo aver pubblicato un esordio capolavoro (“The Lexicon Of Love”), un secondo e terzo album altrettanto validi (“Beauty Stab” e “How To Be A Zillionarie”) ed un quarto lp perfetto (“Alphabet City”), gli ABC hanno continuato la loro avventura perdendosi in buie ed anguste strade prive di ispirazione ed ora, a ventiquattro anni dalla pubblicazione di “The Lexicon Of Love”, è giunto il momento di tributare alla band il giusto riconoscimento. In questa superba raccolta possiamo trovare i diciassette classici del gruppo racchiusi nel primo cd, ben tredici versioni remix nel secondo compact disc e quattordici video-clip nel dvd. Un viaggio totalizzante (musica ed immagini) nel mondo fatato degli ABC, un sogno ad occhi aperti tra le note di “Poison Arrow”, “S.O.S.”, “King Without A Crown”, “All My Heart”, “Tears Are Not Enough”, “Ocean Blue”, “Vanity Kills” e “Be Near Me”, solo per citare alcuni brani. Terminato l’ascolto del primo cd, si può passare ai remix ed assaporare le versioni alternative di molti hit, una vera e propria goduria. Ormai esausti e sfiniti, ci accomodiamo sul nostro divano preferito e possiamo ammirare i video-clip del gruppo. Un’altra cascata di emozioni, di bon ton musicale, di sofisticato pop da classifica. Vi segnalo, in chiusura, che due brani compaiono per la prima volta su cd. Assumete la posa plastica di Martin e guardate l’orizzonte, magari potreste vedere la luce del pop balenare in voi ed illuminarvi la strada.

Formato: 2 cd + dvd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Kate Bush

Aerial
Sono passati dodici anni dal precedente album di inediti di Kate Bush. A tal proposito provate a pensare cosa avete fatto in questo lasso di tempo per capire l’evento che oggi ci apprestiamo a festeggiare: un nuovo disco della cantante inglese. Un nome che nella sua carriera artistica ha incrociato due artisti stellari (David Gilmour e Peter Gabriel) e con loro ha osato dove le convenzionali cantanti non si sognano neanche di arrivare. Un nome parco di uscite discografiche. Un nome che non si è mai sottomessa alle regole del music business. Un nome che nell’ultimo numero di “Record Collector” si è piazzata al secondo posto (dietro a Madonna), tra le 100 cantanti più collezionate al mondo. Un nome che possiede la capacità, e lo fa con facilità, di piegare la sua voce ad ogni suo desiderio. Un nome che ha ispirato decine di cantanti. Un nome che ha saputo mescolare musica ed altre arti, come il teatro e la danza, riuscendo sempre ad ottenere il massimo. Un nome citato in innumerevoli interviste. Un nome che dedica la sua ultima fatica al figlio Bertie nato nel 1998. Un nome che ha scisso in due cd le sue canzoni. Il primo più tradizionale, con belle ballate, canzoni d’atmosfera e pezzi “rock”, il secondo nel quale la sperimentazione prende il sopravvento e gioca con la voce di Kate, senza, a dire il vero, andare oltre le assurdità di certa avant-garde. Un nome che ritorna sulle scene con un brano d’apertura (“King Of The Mountain”), così struggente che ti domandi, mentre lo ascolti, da quando tempo non senti un disco della Bush. Un nome che riesce a muoversi così delicatamente, tra voce sussurrata ed acuti, tra musica soffice ed ovattata, che durante la sua dolce cavalcata ti guardi intorno per vedere se il mondo ha rallentato, insieme alla note, la sua folle corsa verso un traguardo che è sempre all’orizzonte e non si raggiunge mai. Un nome dalla voce sensuale che accarezza le note e ci regala uno dei suoi brani più belli di sempre (“How To Be invisibile”). Bjork, Tori Amos, Sade, Alison (Goldfrapp) e moltre altre possono rallegrarsi, Kate è tornata per ammagliarci. Tra dodici anni, quando uscirà il prossimo disco della Bush, cosa farete? Non chiedetevelo, è meglio.

Formato: 2 cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Negrita

L'Uomo Sogna Di Volare
Chiedo venia, non sono mai stato un grandissimo fan dei Negrita. Quindi, forse, sono la persona più sbagliata per dire che “L’Uomo Sogna Di Volare” è il loro disco più bello. Eppure quando il primo singolo estratto dal disco ha cominciato ad essere trasmesso da tutte le radio peninsulari, mi sono detto: “I Negrita hanno scritto il pezzo perfetto, ottimo connubio tra rock e pop”, con un momento: “Londra dov’è? Londra non c’è”, che aspetti di riascoltare ad ogni passaggio del brano. Poi è arrivato il secondo singolo (“Rotolando Verso Sud”) ed ho pensato :”I Negrita hanno decisamente abbandonato il loro passato musicale e sono diventati un gruppo maturo pronto per confrontarsi con il grande pubblico, i network radiofonici, le televisioni, insomma il mondo”. Poi è stata la volta del terzo singolo (“L’Uomo Sogna Di Volare”) ed ho deciso che questo era il disco dei Negrita. Così oggi, ad un anno dalla pubblicazione, ho preso la decisione di recensire per Musicplus questo album, perché è ormai da un po’ di tempo che gira nel mio lettore cd e le canzoni sono andate a memoria con una facilità disarmante. Sicuramente anche per molti di voi “L’Uomo Sogna Di Volare” è stato uno dei dischi del 2005, ma per coloro che se lo sono lasciati sfuggire il momento è propizio per gustarsi un bel disco di pop rock italiano. Un disco che affonda le sue radici nella musica sudamericana, testimone è subito il primo brano in scaletta e disponibile a suo tempo come canzone da scaricare su Internet, quel “Sale” che contiene una parte rappata da Gabriel o Pensador che da sola vale il pezzo. Radici che affondano ancora di più nella canzone che da il titolo al disco, raggiungendo la loro massima penetrazione in “Rotolando Verso Sud”. Tra i restanti brani “Mother” con il suo sapore rock/reggae ti ritrovi a cantarla senza accorgertene, come “Destinati A Perdersi” e “Il Mio Veleno”. I Negrita hanno pubblicato il loro disco migliore e mi sembrava doveroso recuperarlo a qualche mese di distanza. Se qualcuno li conosce, li può avvisare di non preoccuparsi di coloro che non hanno capito il disco, perché “L’Uomo Sogna Di Volare” è proprio un bell’album ed una prova di maturità notevole.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Depeche mode

Playing The Angel
Undici album in studio per una carriera ultra ventennale dimostrano che i Depeche Mode non sono mai stati un gruppo alla costante ricerca del mercato discografico, ma anzi hanno pubblicato solo e quando si sono sentiti attraversati dall’ispirazione. “Playing The Angel” ne è l’ennesima dimostrazione. Giunto a quattro anni di distanza da “Exciter”, album qualitativamente sopra la media (a dispetto di alcuni pareri sfavorevoli di altrettanti critici), “Playing The Angel” ci riporta un gruppo (trio) al massimo splendore, anche se di luce in questi dodici pezzi ce n’è veramente poca. Infatti suoni cupi e tenebrosi avvolgono le canzoni e Dave Gahan sembra il signore delle tenebre che apre la porta a noi poveri mortali. Questo perché i Depeche Mode, che potrebbero scrivere album dal facile ascolto e dalle melodie zuccherine, si divertono ancora a sperimentare, a cercare sonorità distanti mille miglia dal concetto che possiamo avere del pop. Echi di Soft Cell, quelli più sporchi e cattivi, aleggiano ogni tanto, come ogni tanto si possono sentire spruzzate di Kraftwerk. Per capire al meglio la mia teoria basta ascoltare l’inizio di “A Pain That I’m Used To” (secondo singolo estratto dall’album), un suono stridente e quasi al limite del dolore acustico vi penetrerà i padiglioni auricolari e se permettete, per un brano da classifica, è una scelta alquanto inusuale. In Inghilterra alcuni giornalisti hanno paragonato questo disco a “Music For The Masses”, altro apice creativo dell’allora quartetto, io invece propenderei per affermare che “Playing The Angel” sembra il doveroso proseguo di “Ultra”, disco che per il sottoscritto rappresenta “l’album” dei Depeche Mode per eccellenza. Oltre ai singoli finora pubblicati ci sono da segnalare “John The Revelator”, “I Want It All” e “Lilian”. I Depeche Mode sono di nuovo in pista e solamente per il fatto che Martin Gore si è fatto fotografare con una maglietta dei Sex Pistols, merita la nostra ammirazione incondizionata. “Playing The Angel” è un album consigliato anche a coloro che hanno sempre odiato il gruppo inglese e lo accomunano, come odio, a Mango. Fidatevi è un gran disco.

Formato: cd - cd+dvd - 2 lp


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Transex

Domino
I Transex sono “sporchi”, cattivi e degeneri. Fanno punk rock, di quello sporco, cattivo e degenere. Arrivano da Roma e nascono dalle ceneri di un paio di band rimaste nei cuori dei punx nostrani: i Bingo e gli Ufo Diktators. Dai primi arriva la sezione ritmica (Dallas e Brain), dal secondo la voce di Ego. A completare il combo un chitarrista, Child, che è il fratello del cantante dei Cut, trovato chissà in quale malsano locale della Capitale. Un primo album, pubblicato dalla Hangover Records, è andato esaurito in pochissimo tempo e non è stato più ristampato. Ora è la volta del secondo cd, prodotto dalla Tre Accordi Records, la stessa dei bolognesi Valentines, ed i Transex (nome esplicito non vi pare?), ce la mettono tutta per dimostrare che anche nel Belpaese la lezione del punk rock di matrice americana è stata assimilata e fatta propria. Anzi in alcuni momenti sembra di ascoltare i padri del genere e non lontani (geograficamente parlando) figli degeneri. Il disco è un veloce e graffiante excursus nei meandri di un sound che non ammette mezze misure. Una carica di adrenalina a palla è il comun denominatore dei nove brani, tirati dall’inizio alla fine e sferzanti come solo il punk rock riesce ad essere anche nel 2005. Chitarre indemoniate fanno da contraltare ad una voce potente e consumata da mille vizi (chissà se nella realtà è veramente così). Inutile preferire un brano rispetto ad un altro, perché “Domino” è un ammasso compatto di trasgressione in musica, è un macigno che cade sulle nostre convinzioni e le disintegra, è un calcio alla bocca dello stomaco che ci piega e ci mette in ginocchio. Rabbia, violenza e demoni sono gli ingredienti dei Transex. Se i nomi di Pagans, Crime, Cinecyde, Germs, Catholic Discipline, Fear e Dils vi dicono qualcosa, non perdetevi questo disco per nessuna ragione al mondo. Ma anche se simpatizzate per l’ascolto di un sound elettrico e devastante, i Transex fanno al caso vostro. Tra i sobborghi romani si aggira una creatura paurosa e spaventosa, ma non abbiate timore, dicono che non morde.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Radiohead

The Astoria London Live
Uscito nel 1995 in formato videocassetta, è oggi disponibile in dvd, la registrazione del live tenuto dai Radiohead il 27 maggio 1994 all’Astoria di Londra. Un documento storico importantissimo perché in queste immagini sono racchiusi i Radiohead di “Pablo Honey” e qualche anticipazione di “The Bends”, l’album che sarebbe uscito da lì a poco. Diciassette brani che mettono in luce la fase più rock dei Radiohead, quella con un Thom Yorke abbinato ad un caschetto biondo oggi impensabile, quella con le scariche grattugiate di Jonny Greenwood che hanno reso storiche canzoni come “Creep” e “Just”, quella del rock elettrico di “My Iron Lung”, “Pop Is Dead” e “Black Star”, quella di luci prevalentemente blu e rosse che sottolineano le atmosfere di ciascun pezzo, quella di un gruppo che forse stava ancora cercando la sua massima ispirazione (arrivata poi con la pubblicazione di “OK Computer”) e che molto probabilmente non si immaginava di diventare una icona degli anni novanta, quella di una potenza sonora paragonabile al muro del suono, quella dei Radiohead ancora un po’ “impacciati” sul palco, ma visceralmente genuini, quella di un gruppo che aveva già trovato orde di spettatori fanatici. Se avete perso per un momento di distrazione l’uscita in videocassetta di questo live, ma anche se possedete la vhs (la qualità dvd non si può mettere a confronto), godetevi ed amate questo concerto. Sono passati dodici anni da quella sera ed i Radiohead ne hanno macinata di strada, tra successo e sperimentazione, ma quella notte è accaduto qualcosa. Siatene testimoni anche voi. Ovviamente volume al massimo ed occhi incollati al vostro schermo televisivo. Da evitare, se soffrite di epilessia, l’ultimo brano in scaletta, “Blow Out”, un gioco di luci ad intermittenza può mettervi a dura prova. La storia del rock è passata sul quel palco, quella sera. Entrate anche voi nella storia.

Formato: dvd


(Pubblicato il: 28/11/2013)