recensioni

The Mission

The final chapter
Ci sono artisti che non seguo più da tempo, per vari motivi, ma che so essere pronti a riprendermi tra le loro braccia con un nuovo album o un concerto. Poi, però, arriva, come un fulmine a ciel sereno, la notizia della fine. Non potrai più contare su di loro, non potrai più rifugiarti nelle loro/tue canzoni. E cadi nella tristezza. I Mission sono arrivati al capolinea. Fine della corsa. Tutti a casa. A questo punto rimangono alcuni dischi stupendi (sicuramente i primi quattro) e vari ricordi di concerti. Poco o tanto a seconda delle proprie esigenze spirituali. Ma fortunatamente i Mission mi sono venuti in aiuto. Infatti per salutare i propri fan si sono imbarcati l’anno scorso in un tour, con un finale di quattro date londinesi ovviamente sold out. Questo triplo dvd è la testimonianza dei quattro concerti nella capitale inglese, anzi ad essere precisi i primi due dvd raccolgono l’esibizione live, mentre il terzo è pieno zeppo di bonus, tra cui una visita nella sala prove del gruppo, un lungo documentario sul tour (a proposito qualcuno di voi conosce la coppia chiamata sul palco di Milano?), un breve set live dalla Germania e delle interviste alla band (curate da Miles Hunt - voce dei Wonder Stuff, do you remember?) e a tanti fan in attesa di vedere per l’ultima volta i loro beniamini. Dei “vecchi” Mission, negli anni, è rimasto il solo Wayne Hussey, da tempo trasferitosi in Brasile, che qui tiene le redini del gruppo con maestria e sincera partecipazione. I classici sono tutti qui per rimanere nell’eternità. A questo punto, di tanto in tanto, guarderò questo concerto immaginando che i Mission siano ancora là fuori a regalare emozioni. Aurevuar.

Formato: 3 dvd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

AA.VV.

Alka compilation vol.1
La Alka Records di Ferrara è artefice, da alcuni anni a questa parte, della pubblicazione di alcuni interessanti gruppi nostrani ed oggi è pronta per distribuire la sua prima compilation che vede all’opera quindici entità artistiche. Come si conviene ad una operazione del genere, che ovviamente spazia tra musiche e sonorità diverse tra loro, quello che importa non è tanto la qualità oggettiva dei brani, ma piuttosto la fedele fotografia di un periodo o addirittura di una precisa zona geografica. Ecco perché molte compilation sono entrate nella storia durante gli anni ed ecco perché ancora oggi vengono ascoltate o acquistate. Se però vogliamo entrare nello specifico vi posso dire che in questa raccolta possiamo trovare i Koinè, la Daniele Faraotti Band, le Formiche Nell’Orto, i Bestianera, i Bludepa, i Lotus, i Zoomotion, i Sidroscopika, i Bordeaux, i Tonight, We Dance!, gli Artifex, gli Armida, gli Almasfera, i Four Smashed Brains ed gli Uderscore. I Koinè, la Daniele Faraotti Band e le Formiche Nell’Orto sono gli ospiti speciali della raccolta e aprono in maniera speciale il cd. Nel prosieguo da sottolineare “Sfigato” dei Zoomotion, il grind-core di “Your Grace, My Love, A Choice To Understand (You)” dei Tonight, We Dance! e “Incendio” dei Four Smashed Brains. In conclusione si intuisce che il rock indie viaggia di pari passo con il metal, nelle sue diverse formule, tra gli interessi delle band nostrane. “Alka Compilation” è uno spaccato datato 2009 dell’Italia in musica. Prezzo al pubblico euro 9.90 e qui avrei da dissentire un poco.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Alberto Styloo

Infective
Negli anni ottanta, ma anche in buona parte del successivo decennio, gli italiani hanno dettato legge in ambito dance. La musica prodotta nel nostro Paese e che invadeva il mondo, veniva chiamata Italo Disco. Un esponente altisonante di questa invasione si chiamava Styloo, che andò a segno con un paio di pezzi, “Pretty Face” e “Miss You”. La Italo Disco era molto influenzata dall’elettronica e dalle melodie zuccherine, oggi tra l’altro è stata rivalutata, artisticamente parlando, dall’intellighenzia critica internazionale. La voce degli Styloo era Alberto, che negli anni ha continuato a fare musica. Poi un incontro casuale con Garbo lo ha portato a ridare vita all’etichetta discografica, Discipline, nata all’inizio degli anni novanta per volere del cantante meneghino. Oggi Discipline pubblica un album solista di Alberto (Styloo) che è lontano anni luce dalla Italo Disco di vent’anni fa. Oggi Alberto è avvolto in un sound scuro e cupo, dove non ci sono concessioni yeh yeh, dove le trame sonore assorbono la luce del sole ed emettono sinistri suoni. Non è un caso che il primo singolo estratto dall’album è proprio il rifacimento dell’unico hit mai avuto dai Metro, quel “Criminal World” che anche Bowie inserì nel suo “Let’s Dance” tanto era colmo di glamour e stiloso fino al midollo. Bene, adesso provo ad azzardare che il secondo singolo potrebbe essere “Because” ed il terzo “Call My Name”, mentre il quarto dovrebbe essere “Sha La La La”, che getterebbe una luce diversa sull’album. “Infective” è un disco da ascoltare quando il sole è già tramontato e la nostra voglia di elettronica ci spinge a cercare i soffi di gelidi synth. Non me ne voglia Alberto se in alcuni momenti le sue canzoni mi hanno ricordato Gary Numan. Anche perché per il sottoscritto Numan è stato un grandissimo. Complimenti. Sinceri complimenti.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Fischerspooner

Entertainment
Qualche stagione addietro ero rimasto ipnotizzato da “Never Win”, una canzone così st...za che non riuscivo a toglierla dallo stereo. Il duo newyorchese dei Fischerspooner era riuscito a coniugare perfettamente la dance, con l’elettronica, il glamour, l’avanguardia ed il pop. Non male. Oggi leggo recensioni negative sul loro nuovo album. La cosa mi incuriosisce. Comincio l’ascolto. Sono a sedere su una pseudo poltrona, l’elettronica sembra uscire dalle casse sottoforma di tanti acuminati spilli, che però ad un millimetro dal mio corpo deviano e si vanno a conficcare nel muro. Alzo un braccio, gli spilli seguono il mio movimento e colpiscono una finestra. Provo a chiudere gli occhi. Il sibilo di una tastiera mi entra nelle orecchie, provo ad alzarmi ma vengo schiacciato da una trama sonora così fitta che sembra una maglia pesantissima fatta con tanti fili di ferro. Avverto echi dei Depeche Mode più tenebrosi, ma anche il dream pop degli Human League (“We Are Electric”). Forse mi confondo, ma mi sembra di intravedere Steve Strange (Visage) che stringe la mano al duo. La musica ha preso il sopravvento. Non importa se “Supply & Demand” mi fa battere il piedino, ormai è una questione di vita o di morte. Devo capire. Devo intuire cosa non va in questo disco. Sostanzialmente i Fischerspooner sono rimasti fedeli al loro essere snob e pop nello stesso istante. “Danse En France”, in un francese maccheronico, mi fa sorridere. Sono alla fine dell’album, “To The Moon” mi riporta a “Never Win”. Sono pronto per riascoltare “Entertainment”. Bel disco di pop/dance/electro. Però devo ancora capire dove i Fischerspooner hanno sbagliato. Chiederò lumi.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Why not loser

Born to be a loser
Esordio sulla lunga distanza per i trevigiani Why Not Loser. Per fugare ogni dubbio e per evitare che i lettori non avvezzi al loro genere si dilunghino nella lettura, vi dico subito che i quattro fanno del sano hardcore melodico di stampo californiano. Se per voi band come Offspring, Green Day, No Fx, No Use For A Name, Bad Religion, Millencolin, sono state motivo di ascolto e forsennato pogo, siete nel posto giusto. La band è nata nel 2008 con Cenex, Nemo, Ciano e Mirko, tutti con precedenti esperienze musicali alle spalle. I quattro fin dal primo incontro hanno cominciato a scrivere canzoni originali, cosa non facile in un genere così abusato e fotocopia di se stesso come il punk melodico. Consci di questa difficoltà i Why Not Loser si sono destreggiati tra liriche in italiano e liriche in inglese, dimostrando che anche la nostra lingua ben si adatta ad un ritmo sostenuto, tra chitarre che si rincorrono, batteria martellante e melodie a profusione. I Why Not Loser con il loro debutto discografico riescono a rinverdire il genere con 11 brani in 35 minuti. Personalmente preferisco le liriche in inglese, che mi fanno tanto “California style”. “Interdate”, che apre il disco, è perfetta, come la successiva “You Drive Me Crazy”, “So Sorry” e “Bad Way”. I Why Not Loser superano la prova discografica, ora devono solo suonare in più occasioni possibili, festival, concerti al chiuso, mega raduni, ma anche feste di classe, di matrimonio, o di battesimo, insomma dove ci sia anche una sola persona che può scatenarsi con le loro canzoni. Non sono mai stato in California, ma con i Why Not Loser posso sognarla ad occhi aperti. Questa è la forza della musica. Bello, vero?

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Technogod

Paintrtnment
Seguo i Technogod dalla pubblicazione di un 12 pollici su Nation. Più o meno mille anni fa. Seguo i Technogod perché mi piacciono. Seguo i Technogod perché ad ogni disco (questo è il quarto album in diciotto anni di carriera) mi stupiscono come pochi altri ensemble. Seguo i Technogod perché riescono sempre a stravolgere le carte in tavola. Seguo i Technogod perché amo l’elettronica, quella cattiva ed aspra, quella amara e acida. Seguo i Technogod perché sono acidi ed amari. Seguo i Technogod perché sembrano usciti da un film di Fellini colto da una improvvisa razionalità. Seguo i Technogod perché la loro ironia nei confronti del mondo moderno mi fa riflettere. Seguo i Technogod perché il loro manifesto programmatico è solido come una roccia. Seguo i Technogod perché riescono a spiazzarti con un “semplice” suono o una “semplice” parola. Seguo i Technogod perché so che non mi deluderanno mai. Seguo i Technogod perché “Paintrtnment” trasuda electro funk come mai prima d’ora. Seguo i Technogod perché la voce di Y:DK è così profonda che mi sembra di sentirla negli incubi più bui. Seguo i Technogod perché “Rock’n’Roll Taleban” ti apre in due e ti divora. Seguo i Technogod perché hanno chiamato Tying Tiffany a far finta di essere francese. Seguo i Technogod perché Girolamo De Michele ha accettato il loro invito in “L’Italia Mangia I Suoi Giovani”. Seguo i Technogod perché l’EBM di “The Day The World Stopped Shopping” mi riporta alla Berlino anni ottanta. Seguo i Technogod perché Roz De Faux canta in due pezzi. Seguo i Technogod perché monto i mobili dell’Ikea con la loro musica. Seguo i Technogod dal 1991. Sembra ieri.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

John Foxx e Robin Guthrie

Mirrorball
Sgombriamo subito il campo da ogni superfluo giro di parole. “Mirrorball” è un disco bellissimo. Bellissimo per chi ha amato i Cocteau Twins (come il sottoscritto), per chi si ricorda ancora i primi tre album degli Ultravox (come il sottoscritto), per chi ha seguito, anche se a fasi altalenanti, la carriera solista di John Foxx (come il sottoscritto). “Mirrorball” è un bellissimo album che potrebbe figurare nella discografia dei Cocteau Twins, se non fosse per la voce di John Foxx al posto di quella di Liz Fraser. Infatti Guthrie, per chi non lo ricorda, era il chitarrista dei Cocteau Twins, quello che inventò la chitarra liquida e la applicò fino allo svenimento sensoriale nei dischi del gruppo inglese. In “Mirrorball” i suoni liquidi sono l’ossatura di tutti i brani e questo mi fa propendere a definire questo album un disco dei Cocteau Twins. D’altro canto Foxx è ormai qualche anno che si divide tra techno pop e musica “mistica” con il progetto “Cathedral Oceans”, quindi “Mirrorball” potrebbe calarsi perfettamente nella discografia solista dell’ex Ultravox. La sua voce “gregoriana” che per l’occasione canta in una lingua inventata, ispirata all’italiano ed al latino, si incolla alla perfezione alle sonorità liquefatte di Guthrie, dando corpo a nove episodi sonori di alta classe. L’incontro tra i due artisti è avvenuto nel 2005, complice un progetto che vedeva coinvolti anche Jah Wobble (P.I.L.) e Steve Jansen (Japan). Da allora si è spesso parlato di un disco insieme e l’attesa è finita all’inizio di maggio 2009. Dopo l’ascolto si può dire che l’attesa non è stata vana. Da ascoltare all’aperto, magari stando sdraiati su un prato guardando le stelle nella calura estiva che ci aspetta.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Nabat

Archivio vol.2
I Nabat sono stati il gruppo più importante del punk oi! che l’Italia abbia mai generato. I Nabat sono l’unico gruppo italiano idolatrato ai quattro angoli della Terra. Numerosi dischi pirata stampati dagli Stati Uniti al Giappone hanno, negli anni, cercato di colmare la cronica difficoltà nel reperire il materiale originale della band, un paio di singoli ed un paio di album. Oggi i bootleg possono restare dove sono ed anche le cifre iperboliche per acquistare “Scenderemo Nelle Strade” si possono utilizzare in altro modo, perché Steno (voce della band) ha dato vita alla Ansaldi Records, che dopo aver pubblicato un primo volume con materiale vario dei Nabat, giunge al secondo cd che comprende il debutto sulla lunga distanza (“Un Altro Giorno Di Gloria”) ed altri dodici pezzi sparsi lungo la carriera della band. Si può così ascoltare “Grido Di Libertà” nella sua primissima versione con un testo inventato al momento, “Nandein” cantata in dialetto, un jingle radiofonico che fu realizzato per Radio Melody con alla voce Tracy Sirotti dei S.I.B., un paio di versioni un poco differenti rispetto a quelle poi pubblicate su disco di “Laida Bologna” (registrata per una compilation che si intitolava “Chaos In Europe”) e “Senza Soldi Senza Casa”, due versioni di “Nichilistaggio”, ma anche “Uno Dei Mod”, l’armonica di Tiziano Ansaldi, il reggae con Martò (dei Judas) e la traccia fantasma. I Nabat sono stati il più importante gruppo di punk oi! che l’Italia abbia mai partorito. Dalle note di copertina si legge: “Schiaffoni a tutti i grilli parlanti… adesso anche in tv, che ti raccontano cos’era il punk ai miei tempi… non credete ad una parola di questa gente!!! Scrivetelo voi il vostro futuro!!!”. Lode al punk oi! Lode ai Nabat. Lode alla Ansaldi Records.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Instant flight

Endless journey
Torniamo a parlare degli Instant Flight in occasione della pubblicazione del loro secondo album, che giunge dopo quattro anni da “Colours & Lights”. La band, che vede al suo interno l’emiliano Marco Magnani (ex Avvoltoi e chitarrista dell’avventura sanremese di Miki), è portatrice di uno space rock che non si è volutamente fossilizzato nei vecchi angoli del genere, ma ha cercato di modernizzarsi con originalità e buonsenso. Se nel precedente album la presenza di Arthur Brown, schiacciava con la sua mole storica il quartetto londinese, in questo “Endless Journey” gli Instant Flight navigano spediti solo ed esclusivamente con le proprie forze tra sixties e progressive. Il disco è stato registrato nello studio di Gary Ramon (Sundial), nome a garanzia di un disco semplicemente perfetto per tutti gli amanti del suono vintage anni sessanta. Strutture melodiche che echeggiano ai Beatles, ma anche ai rivali Rolling Stones, un look sgargiante come si vede raramente, ha permesso alla band di ottenere sinceri complimenti da tutti quelli che si sono imbattuti nella loro musica. Da segnalare che la copertina, in perfetto stile con la musica proposta, è opera di Magnani ed è ispirata a “Magic Stream”, uno dei momenti di splendore del disco insieme a “Back To The Light”, “Celebrate”, al “country rock” di “Get Away” e “The Best Part”. Gli Instant Flight fanno musica sognante, vivono a Londra, ma penso si sentano cittadini del mondo, non potrebbe essere altrimenti quando fai una musica che ti permette di viaggiare con la mente senza muoverti dal tuo seggiolino di casa. Grande prova. Ascoltateli senza timore. www.clearspot.nl

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

The Supersonix

Cinematica
I Supersonix sono un collettivo artistico coagulatosi tra Milano e Bologna dall’incontro di tre personaggi dalle esperienze artistiche diversificate, ma con in comune la passione per le colonne sonore, soprattutto italiane, quelle soundtrack di fantomatici spaghetti western o truculenti polizieschi ed horror. L’idea alla base del progetto è quella di realizzare brani per ipotetici film. Per dovere di cronaca dietro al nome Supersonix si “nascondono” Fabio Silvano Maresca (veterano consulente musicale per le reti Rai e Mediaset), Cesare Ferioli (alias Big Mojo, ex, tra i diversi gruppi di cui ha fatto parte, dei Jack Daniel’s Lovers) e Sergio Panigada (chitarrista rockabilly degli Starliters ed autore di musiche per vari programmi, tra cui “Le Iene” e “Wild West”). I tre hanno così messo mano ad un album con 14 tracce dai titoli emblematici come “I Spy”, “Capone”, “Cinque Minuti a Mezzogiorno”, “Diabolika”, “Topkapi Bound”, “Into The Fog”, “Hong Kong Gal”, che ci catapultano dentro ad inseguimenti, sparatorie, intrighi e duelli che si svolgono su un grande schermo nella nostra testa. Eseguiti in maniera impaccabile, i pezzi dell’album sono la perfetta colonna sonora di una qualsiasi giornata nella quale si voglia vestire i panni di James Bond, piuttosto che quelli di Clint Eastwood, o Robert De Niro. Con “Cinematica” ognuno di noi può vivere i suoi cinque minuti da attore consumato. L’unico raccomandazione è quella di non esagerare nella finzione cinematografica. Consigliato anche come sottofondo agli acquisti negli ipermercati, per vedere famiglie che si nascondono dietro a pareti di scatolette in attesa che passi il rivale per colpirlo con il carrello, o per attendere al varco il serial killer dei sandwich vicino al bancone frigo e colpirlo con una baguette surgelata. Bravi, veramente bravi.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Gappa

Cervello in fuga
Gappa (in arte Gaspare Palmieri) ha iniziato a scrivere canzoni a 15 anni. Ha suonato con la Compagnia Delle Indie, due demotape al loro attivo, ha quindi frequentato il Laboratorio Canzone del CPM di Milano, ha fatto parte di una cover band e finalmente ha dato alle stampe il suo primo album solista, “Cervello In Fuga”. Ama definire il suo genere folk sarcastico, talvolta caustico. Per capire il perché di questo termine, basta iniziare l’ascolto con la prima canzone in scaletta, “Dottò”, una carrellata di personaggi che sembrano usciti da un film neorealista, mentre Gappa fischietta quasi incurante del mondo che lo circonda. Si può quindi proseguire con “Francesco Non Riesce A Dormire”, un’altra sequenza di episodi che hanno riempito i quotidiani ed i telegiornali nelle ultime stagioni, episodi che se elencati uno dietro l’altro fanno venire il terrore (“non è possibile che io viva in un Paese come questo?”), tocca poi a “Comandante”, momento di relax sonoro, con un ennesimo testo “socialmente” impegnato. Con “Salsa e Merende” si può muovere il bacino per poi riposarsi con il lento intitolato “Anita”, dove la protagonista si interessa di design e colleziona vibratori dentro un cassetto di cristallo. Per “La Famiglia Del Rettore” Gappa si presenta con il look perfetto, mentre la canzone che da il titolo all’album è il racconto della sua laurea. In chiusura “La Gangbang”, da ascoltare con attenzione e “Il Gioco Del Destino” che pone, in maniera struggente, la parola “End” all’album. Gappa si dimostra un cantore del nostro tempo, facendo una analisi spietata del mondo in cui viviamo. Per coloro che vogliono ricordarsi, ogni tanto, in che società allucinante conducono la loro esistenza.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Louderbach

Autumn
Fastidio minimale. E’ questa la sensazione che si prova quando a tutto volume si inizia l’ascolto di “Autumn” primo brano del secondo album dei Louderbach. Sofferenza fisica concepita come passaggio tra l’anima ed il cuore pulsante di una vita che sta finendo. I Louderbach sono un duo che nel 2005 ha licenziato “Enemy Love”, composto dal berlinese Troy Pierce e dal cantante losangelino Gibby Miller. Il nuovo disco esce per la Minus Inc., etichetta di riferimento per tutti gli amanti dei suoni electro/techno/minimal/dark, a garanzia di un prodotto di alta classe ed elevata qualità. Infatti i due Louderbach tra echi di Coil, Alan Vega (“Nothing More Than A White Poison”), Joy Division e Bauhaus portano il minimal sound verso territori ancora vergini a questo tipo di sperimentazioni sensoriali. La voce di Miller, cupa e tenebrosa, sembra essere uscita da un fumetto splatter o da un film di Tarantino, mentre i suoni di Pierce rigano la pelle fino a farci sanguinare. I Louderbach non sono certo un gruppo per tutte le stagioni, ma non lo era nemmeno il primo album di The The e buona parte dell’elettronica sperimentale dei giorni nostri. Qui però ci sono i Louderbach che vogliono a tutti i costi entrarci nel cervello e farci “soffrire”. Danzate con questi ritmi “tribali” (“She”) che potrebbero essere la versione scarnificata dei primissimi Killing Joke e sorridete beffardi verso chi vi osserva scuotendo la testa. I Louderbach rappresentano l’angolo buio dell’elettronica anni duemila. Il triangolo perfetto (Berlino, Los Angeles, casa vostra) della disperazione sonora.

Formato: cdc


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Alternative religion

1979-2009
Gli Alternative Religion sono nati nel 1979 a Treviso e lì si sono sciolti nel 1982. Gli Alternative Religion facevano punk e considerando gli anni di attività della band si può dire che sono stati tra i primissimi a sposare questo nuovo genere musicale che arrivava dritto dritto dall’Inghilterra. Gli Alternative Religion sono stati citati in molte pubblicazioni e trasmissioni televisive dedicate al punk rock nostrano, come uno dei gruppi che ha contribuito in maniera preponderante alla crescita del fenomeno punk nella penisola. Gli Alternative Religion non hanno lasciato testimonianze sonore per i posteri….. almeno fino ad oggi. Infatti a trent’anni dalla nascita del gruppo viene pubblicato, in tiratura limitatissima di 300 copie, un documento sonoro che testimonia alcuni brani registrati dal vivo ed altrettanti pezzi scovati in demo e musicassette. E’ opportuno segnalare che la qualità del suono non è certamente delle più cristalline (per usare un eufemismo) perché tutti i brani non sono stati ripuliti, ma solo masterizzati. Ripulirli voleva dire, in pratica, far ascoltare qualcosa di completamente diverso rispetto a quello che gli Alternative Religion erano e volevano essere 30 anni fa. Quindi se siete amanti del suono del flauto traverso registrato con la più sofisticata attrezzatura oggi in commercio, state alla larga da questo cd, se invece volete sentire cosa succedeva in Italia nel 1979 dalle parti di Treviso, questo documento sonoro fa per voi. 300 copie. Non una di più non una di meno. Fate la vostra scelta.

Formato: CD


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Ottodix

Le notti di Oz
Avevo avuto modo di vedere gli Ottodix in una serata di “Storie di (stra)Ordinaria Scrittura” con protagonista Garbo. Mi erano sembrati compatti e coesi, una buona band di “supporto” agli hit dell’artista meneghino. Ora mi trovo tra le mani il nuovo disco degli Ottodix che è un concept album accreditato però al solo Alessandro Zannier. Poco male. Il disco è la storia di Oz, un avatar che non sa di esserlo, manovrato da un burattinaio in carne e ossa, in un mondo di finti valori ed assurdi ideali. L’epopea di Oz si muove su fondamenta electro pop dalle tinte ombrose, che possono anche essere considerate, in alcuni passaggi, un omaggio a certe atmosfere depechemodiane. La cura dei particolari, dai suoni al digipack, dalle foto al carattere tipografico utilizzato, è maniacale. “Le Notti Di Oz” richiamano il movimento Futurista che proprio quest’anno viene ricordato e festeggiato. A dar manforte agli Ottodix la voce di Madaski in “Nuovi Frankestein” e quella di Georgeanne Kalweit (ex Delta V) in “Insonnia”. “Le Notti Di Oz” non è decisamente un album che recepisci al primo ascolto, ma che richiede più passaggi per riuscire ad entrarci e gustarne appieno le piccole sfumature. Capisco che in un mondo votato alla velocità d’azione e di pensiero, questa cosa possa sembrare una violenza intima non sopportabile. A voi la scelta. Da una parte “Le Notti Di Oz” dall’altra la “Super Hits Mega Party compilation”. Mi fate sapere però cosa sceglierete di ascoltare? Sono curioso.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Gomez

A new tide
I Gomez sono tornati a casa (in senso metaforico) considerando che una parte del gruppo vive in Inghilterra e l’altra negli States. Sono tornati da dove erano partiti. Sono tornati ai primi due dischi, quelli più “sperimentali” e folk. Un ritorno carico di speranza. “A New Tide” è la nuova marea che travolge i tentativi pop delle ultime prove discografiche e porta a riva undici conchiglie dai colori pastello. I Gomez per realizzare l’album si sono spediti via mail i file su cui lavorare stando ognuno a casa propria. Ascoltando il risultato finale questo modus operandi appare una cosa impossibile. Invece. Invece le due anime della band sono state messe una a fianco all’altra. Quella più british va a braccetto con quella più yankee ed insieme si compensano brano dopo brano. L’inizio è da antologia, “Mix”, “Little Pieces” e “If I Ask You Nicely” sono benzina per ogni appassionato ascoltatore che si ritenga tale. Anzi adesso che lo risento anche il quinto pezzo in scaletta, “Win Park Slope” è da amare incondizionatamente. Siamo così arrivati a metà album. Il resto non si può dire che sia esercizio di stile, perché lo stile dei Gomez è sempre ad alto livello e ci conduce verso “Other Plans” altra vetta di lirismo epico. I Gomez sono tornati rimanendo seduti sul loro divano in salotto. Se l’atmosfera casalinga riesce a produrre dischi così, dovremmo dire a tanti artisti di restare a casa e non intasare inutilmente gli studi di registrazione. Folk rock per cuori speranzosi nel futuro. Brit rock per sognatori.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Angela Baviera-Gabriele Marchesini

Poesie per Angela
Un disco di parole. Un disco postumo. Un disco che è quindi una sentita testimonianza. “Poesie Per Angela” è un cd della collana “Carta da musica” della Fareblue Music & Records di Faenza, che raccoglie poesie e testi letterari registrati in studio da Angela Baviera e Gabriele Marchesini, insieme ad una composizione sonora di Luciano Sampaoli. Angela però ci ha lasciati alla fine del 2008 per un male incurabile ed oggi questo cd assume una particolare valenza. “Poesie Per Angela” è l’ultima testimonianza del lavoro dell’attrice teatrale registrato insieme a Gabriele, compagno nella vita e nella professione. Le due voci si alternano in un gioco di emozioni tra i versi di Giacomo Pascoli, James Royce, Agostino Venanzio Reali e Giacomo Leopardi. Ascoltare la voce calda di Gabriele e quella musicale di Angela è una fitta al cuore. Ricordare con questo cd l’attrice reggiana di nascita e bolognese d’adozione, è un omaggio sentito, un omaggio ad una attrice che riusciva con la sua interpretazione ad arrivare al centro delle parole, senza aggiungere inutili orpelli interpretativi dietro ai quali si nascondono molti attori/attrici. Una perfetta conoscenza anche della lingua inglese è qui messa in evidenza dalla lettura di un lungo brano su Molly Bloom di James Joyce. Tra le varie attività artistiche di Angela si può ricordare la partecipazione al film di Marco Ferreri “Chiedo Asilo” e lo spettacolo musicale con testi di Sergio Zavoli, “La Quinta Donna – Amore e Morte di Cesare Pavese”, insieme all’attore Luigi Lo Cascio nel ruolo del poeta cuneese. Un ricordo. Tante emozioni.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Tribuna ludu

In etere
Prima di addentrarmi nella storia di Tribuna Ludu ed in “In Etere”, vi voglio dire che in questo disco c’è la cover di “Io Sto Bene”, brano manifesto dei CCCP Fedeli Alla Linea, che arriva dritto come un fuso dal loro primo album e che vede il campionamento della voce di Giovanni Lindo Ferretti catturata durante un’intervista. Cover molto riuscita. Bene. Si vada avanti. I Tribuna Ludu sono di Firenze e nascono nel 2004. La trafila è la solita, concerti in giro per la regione, un primo demo, la partecipazione a qualche importante concorso/vetrina e poi l’incontro con Donato Masci di Danza Cosmica e finalmente il debutto discografico vero e proprio. Però un attimo di attenzione. Non fatevi ingannare dalla copertina del disco che vi potrebbe far pensare ad un sound tribale, etno world contaminato dalla esperienza di Peter Gabriel. Perché qui si respirano i fumi del funk bianco del Pop Group, ci si muove a scatti come quando si ascoltano i Gang Of Four, o ci si perde nel vuoto, con lo sguardo, come quando ascoltavate gli lp di Faust’ò. I Tribuna Ludu sono un incrocio tra la new wave, quella sporca e ruvida e le performance distruttive dei Throbbing Gristle dell’agitatore di scena Genesis P. Orridge. I Tribuna Ludu non sono per i compromessi, vi basti ascoltare “JPII” e capirete il perché. I Tribuna Ludu vi possono anodizzare le orecchie senza che voi ve ne accorgiate. Anodizzare mentre ascoltate “Disordini”, con il suo ritmo spezzatino ed il suo disperato grido di incasellamento. I Tribuna Ludu campionano dialoghi di film, televisione, drammi mediatici con una disinvoltura tipica di chi conosce la materia che tratta. Un grande debutto. Non fatevi però ingannare dalla grafica di copertina. Qui non c’è world music. Qui c’è l’ansia della società. Qui ci siamo noi.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Les fauves

N.A.L.T. 2 - Liquid modernity
I Les Fauves da Sassuolo sono al secondo capitolo della trilogia “N.A.L.T.”, dove per n.a.l.t. si intende Noise Arms Limitation Talks e come nel precedente capitolo danno sfogo a tutto il loro background conoscitivo. I Les Fauves sono un frullatore di suoni. Tra le influenze citate da loro stessi figurano Talking Heads, Frank Zappa, Domenico Modugno, Clinis e Harry Belafonte, praticamente tutto quello che la musica moderna ha prodotto nei suoi pochi anni di vita. I Les Fauves sono un concentrato di suoni, un guazzabuglio di pensieri, un coacervo di colori. Provate ad andare al vostro “Happy Hour” preferito e chiedete al barman di mettere su “Death Of The Pollo”, poi divertitevi a guardare la faccia dei sorseggiatori di improbabili intrugli liquidi. Non capiranno più se stanno bevendo qualcosa dal bicchiere o dalle orecchie. Infatti la musica dei Les Fauves è liquida e per la sua caratteristica fisica si adatta perfettamente alle forme solide che incontra sul suo cammino. Il disco è stato registrato in una calda autorimessa di Sassuolo, a dimostrazione che basta avere delle idee e le canzoni riescono a venire a galla senza particolari difficoltà congenite. Giunti al secondo capitolo della trilogia il tarlo di un dubbio avanza verso di me sempre più minaccioso. I Les Fauves sono intellettuali consapevoli di esserlo, o giocano a rimpiattino con gli ascoltatori mostrando il loro lato snob, pur facendo peti come tutti gli esseri umani? La risposta potrebbe arrivare con la conclusione della trilogia. Attendo fiducioso di sapere. Per adesso mi vado a crogiolare con “Pitslicker” e faccio un peto.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Linfa

Armi
I Linfa da Modena suonano dal 2005. Hanno già dato alle stampe alcuni demo-cd e partecipato ad importanti manifestazioni musicali come “Mediterranean Bridges” ed “Italia Wave Festival”. “Armi” è la loro ultima fatica discografica contenente un poker di canzoni. Associati sempre al suono grunge di Nirvana e Company, quando si devono citare artisti internazionali o accomunati ai Verdena, quando il paragone deve coinvolgere una band italiota, i Linfa, secondo il sottoscritto, non sono riconducibili né al Grunge, né ai Verdena. Quindi? Quindi il trio emiliano è autore di un energico rock con testi in italiano che non abbassa mai la guardia e mantiene alta l’attenzione dell’ascoltatore. I Linfa in questi quattro pezzi dimostrano di avere ben salda in mano la materia che trattano. Personalmente “Armi” e “Le Chiavi” risultano i momenti migliori del demo. Soprattutto l’ultimo pezzo in scaletta con la sua atmosfera sognante apre nuovi orizzonti per il futuro sonoro del trio e potrebbe essere una interessante strada da percorrere con più decisione. Insomma i Linfa sono pronti per farsi amare. Dal vivo promettono sfracelli e l’occasione di vederli dal vivo domenica 5 luglio al Friction Festival di Spilamberto potrebbe essere l’occasione giusta per avvicinarsi ad una interessante band. Verdena e Nirvana le influenze maggiori. Così si dice in giro. Però diffidate di quello che si scrive. Diffidate anche del sottoscritto, perché magari ho ascoltato un altro gruppo con il nome identico. Chissà.

Formato: demo cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Blake/e/e/e

Border radio
I Blake/e/e/e sono nati nel 2007 dalla fine dei Franklin Delano, band che ha lasciato ai posteri tre album e decine di concerti sparsi tra Stati Uniti ed Italia. Nel nuovo progetto sono confluiti Paolo Iocca e Marcella Ricciardi (tra le sue tante attività artistiche, bisogna ricordare che ha fatto parte dell’ultima fase dei Massimo Volume prima dello scioglimento). I due italiani hanno coinvolto l’americano Davy DeLaFuente (batteria e percussioni) ed i Blake/e/e/e sono sbocciati. Il percorso artistico in parte è riconducibile alla precedente esperienza, anche se nei Blake/e/e/e lo space folk è portato verso vette ancora più variopinte, con incursioni in territori inesplorati come il dub ed il post-punk di fine anni settanta. I Blake/e/e/e assomigliano ad una comunità di freaks che è totalmente imprevedibile nelle sue decisioni. Infatti se il folk è la trama su cui appoggia l’album, sono le varie particolarità (di cui il disco è pieno) a far girare la testa all’ascoltatore, che si trova catapultato in un mondo fantastico fatto di gingilli e pupazzetti (“Border Radio”). I testi hanno abbandonato i racconti da folk singer e si sono asciugati fino a raggiungere l’essenza delle parole. Tra i pezzi più riusciti il brano che da il titolo all’album, “Saint Lawrence Tears”, “New Millenium’s Lack Of Self Explanation”, “Narrow Zone” e “Dub-Human-Ism”. I Blake/e/e/e sono andati oltre il loro sentire. A noi l’obbligo di seguirli in questa avventura senza confini. Chi si fermerà sarà perso. Chi si volterà indietro sarà sacrificato.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Hugh Barker e Yuval Taylor

Musica di plastica
Secondo voi Amy Winehouse, tralasciando che vi piaccia o meno, è una artista vera o di plastica? La musica da quando è arrivato il microfono collegato alla corrente vive su questa annosa domanda. L’artista che stiamo ascoltando è vero o fabbricato dall’industria per avere i nostri soldini. Le battaglie tra vero e finto si sono sprecate nel mondo musicale. Io iniziai ad ascoltare musica con l’arrivo del punk, scelsi di cibarmi di punk perché in netta antitesi con la disco music che mi sembrava una musica finta e priva di qualsiasi significato. Sbagliai? Chissà! A darci/mi una mano per capire se le nostre scelte sono state giuste oggi c’è “Musica Di Plastica”, bellissimo libro che ripercorre le tappe di importanti artisti. La lettura è coinvolgente e chissà se Donna Summer è stata più autentica dei Sex Pistols. O se Elvis Presley era meno falso di Kurt Cobain. Pensare all’autenticità in un mondo, che da sempre produce e ci propina i suoi figli su supporti di plastica, non è un dolce controsenso. L’unico problema è che, dopo avere letto questo libro, potreste decidere di abbandonare il vostro idolo per sempre o cominciare ad apprezzare chi fino ad oggi non rientrava nei vostri gusti musicali, perché finto e costruito dai businessman dell’industria discografica. “Musica Di Plastica” deve essere vostro (se amate la musica), o regalatelo al vostro amico/a che si vanta di essere l’unico ad aver capito cosa vuol dire ascoltare LA MUSICA nell’emisfero nord del globo. Però mi dovete ancora dire se per voi Amy Winehouse è vera o falsa? Non fate i furbetti nascondendovi dietro la sua acconciatura. Perché per me Amy è decisamente...

Formato: libro


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Matteo Belli e Faxtet

Piano delta blues
Nuovo audiolibro nella collana “Carta Da Musica” ad opera di Matteo Belli e Faxtet. L’occasione è l’adattamento di un noir scritto a quattro mani da Guido Leotta e Giampiero Rigosi (quest’ultimo è l’autore di “Notturno Bus”, diventato anche un film) che racconta la storia di tre ragazzi che finiscono, senza pensarci, in una “avventura” più grande di loro e si ritrovano a scappare nel delta del fiume, non quello da loro mitizzato, il Mississippi, ma quello più nostrano del Po. Ad interpretare le parole scritte la voce di Paolo Belli, attore che per l’occasione si destreggia tra una dozzina di personaggi dando ad ognuno una propria personalità e la band dei Faxtet, che invece sostengono con la loro musica il lavoro di Belli senza mai prevaricare le parole, ma anzi riuscendo a sostenere con grande maestria i momenti topici del racconto. Il fatto che Leotta oltre ad aver scritto il noir sia anche flautista e sassofonista dei Faxtet ha forse “aiutato” la band a cogliere al meglio i vari passaggi del racconto, ma a noi (semplici ascoltatori) questo particolare poco importa. Quello che invece importa è che “Pianodelta Blues” ti cattura dall’inizio alla fine, tanto che la curiosità di sapere quale sarà l’epilogo non ti permette di abbandonare l’ascolto, tralasciando per un’ora le cose “importanti” della vita. Bravi a tutti, scrittori, attore e band. Il Delta del Po ringrazia per essere stato paragonato a quello del Mississippi. Ringrazia sentitamente, mentre noi ci immaginiamo perché alle volte si finisce in brutte storie senza un vero perché.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Grand Carabs

A fuoco lento
I Grand Carabs nascono nel 1997 e pubblicano poco dopo un primo demo intitolato “Plagio, Mania e Contagio”. Nel 2001 è la volta di “Personaggi Totalglobali”, mentre nel 2002 tocca a “Grand Carabs” mantenere alta l’attenzione nei confronti della band. Infine la produzione autoprodotta del gruppo si conclude nel 2004 con “La Grande Esposizione”, a cui fa seguito un ambizioso spettacolo dal vivo. Ora la band è pronta per il debutto sulla lunga distanza con “ A Fuoco Lento” prodotto da Danza Cosmica. Il disco è un miscuglio di distillati sonori. C’è il cantautore raffinato, ma anche l’ironia di Fred Buscaglione o la letteratura scapigliata. I Grand Carabs sembrano infatti prestare la loro attenzione a più stimolazioni sensoriali, una sorta di Capossela astemio che però gode a fare il giullare di corte, prendendo per i fondelli il signorotto di turno. I Grand Carabs sono capitanati da Fabio Tarocchi che coordina i suoi compagni d’avventura con meticolosa perizia. I Grand Carabs suonano jazz. I Grand Carabs suonano folk. I Grand Carabs suonano musica d’autore. I Grand Carabs suonano pop. I Grand Carabs suonano funky. I Grand Carabs sono attori capitati per congiunzioni astrali nel mondo della musica. I Grand Carabs raccontano storie di fritti misti, mercanti o pacchi postali che respirano. Entrare in “A Fuoco Lento” equivale farsi prendere a pugni senza capire da che parte arrivino tutti questi cazzotti. Alla fine dell’ascolto, ancora un po’ intontiti, non ci rimane che ricominciare ad essere di nuovo presi a pedate. Un disco intenso e denso.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)