recensioni

The Cult

Born into this
Non ho letto cosa è successo ai Cult dal 2001 ad oggi. Non mi interessa. Mi interessa che oggi sto ascoltando il nuovo disco e a sei anni di distanza mi ritrovo nel perfetto seguito di “Beyond Good And Evil” (grande album ingiustamente snobbato da tutti). La coppia inossidabile dei Cult (Astbury e Duffy) è ancora in pista e con “Born Into This” ce la mette davvero tutta per dare ai propri fan un disco di rock arcigno, degno della svolta “metal” del gruppo. Ovviamente non troverete assoli di chitarra alla Van Halen, o ugole spezzate alla Judas Priest, perché i Cult mantengono il loro marchio di fabbrica incuranti del tempo che passa e delle orde di giovani che premono per entrare nell’olimpo delle band che contano. I Cult escono allo scoperto con “Born Into This”, che mette subito in fila tre pezzi da apoteosi. “Born Into This”, “Citizens” e “Diamonds” sono pura adrenalina sparata a mille. Nel prosieguo, “Dirty Little Rockstar” (primo singolo estratto), l’immancabile lento con la voce di Astbury che fa il verso a Johnny Cash (“Holy Mountain”), il cazzotto di “I Assassin”, il ritorno alle origini di “Illuminated” e gli ultimi tre pezzi (“Tiger In The Sun”, “Savages” e “Sound Of Destruction”), che chiudono in maniera eccellente questo disco. Sappiate che oltre all’edizione “normale”, esiste un doppio cd con 5 bonus track ed un adesivo in omaggio. I Cult cantano e suonano ancora con furore. Ascoltarli nel 2008 è una goduria e poi Ian ha quella voce che mette i brividi. “Quando non hai più niente da dire, devi smettere”, mi disse il cantante Scanna nel 1999, i Cult invece di cose da dire sembra proprio che ne abbiano ancora, perlomeno dieci come i brani inseriti in questo lavoro.

Formato: cd - cd+cds


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Steven Blush

American Punk Hardcore
Per motivi puramente anagrafici ero troppo giovane per vivere in prima persona il punk inglese. Poco male, perché ero lì, quando l’hardcore americano è giunto alle mie orecchie. Da adolescente ho consumato i dischi di Black Flag, Agnostic Front, Sick Of It All, TSOL, Dead Kennedys e via discorrendo. Ho fantasticato, nella mia mente, di una scena musicale epocale, dove migliaia di kids mettevano a ferro e fuoco le città americane con canzoni rabbiose, in una società, come quella statunitense, che aveva assorbito il grido punk trasformandolo in un urlo di dolore lacerante. Oggi esce la storia del Punk Hardcore americano scritta da uno che c’era, Steven Blush ed io l’ho letta. Alla fine delle oltre 450 pagine mi sono sentito distrutto, il mito mi si è sbriciolato davanti agli occhi. La scena era composta da poche decine di kids, “disperati” che si trovavano per darsele di santa ragione ed il tutto è finito quando le “gang” hanno cominciato a portare le pistole ai concerti. Molti dei protagonisti sono morti, chi freddato dalla polizia durante una rapina in banca, chi per overdose, chi durante una rissa. Altri sono diventati politici, preti, o sceriffi. Su tutto ciò una simpatia di buona parte della scena verso la destra nazionalista, l’omofobia ed altre amenità varie. L’hardcore americano esce da questo libro distrutto, polverizzato, annientato. E’ poca cosa sapere che i Dead Kennedys si inventarono i concerti alla domenica mattina (i matinèe) per dare la possibilità ai minorenni di parteciparvi, perché poi si scopre che “Group Sex” dei Circle Jerks è stato scritto “rubando” i pezzi alle band precedenti di ciascun componente. Se l’hardcore è stato una parte della vostra vita pensateci prima di iniziare la lettura. Il dolore che può provocare è enorme, io vi ho avvertito.

Formato: libro


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Fata

La percezione del nero
Nati nel 2000 in quel di Carpi, i Fata in questi anni si sono tolti qualche soddisfazione (concorsi vinti), concerti in giro per l’Italia, alcuni demo pubblicati ed ottimamente recensiti. Insomma una vita artistica di tutto rispetto che però mancava del tassello più importante, il debutto discografico ufficiale. Ed oggi eccolo arrivare nel suo nero splendore. Però fate attenzione quando sentirete per la prima volta “La Percezione Del Nero”, perché se sarete soprapensiero, alle note iniziali potreste pensare di ascoltare il nuovo album dei Depeche Mode. Tutto tornerà alla realtà appena le parole di Roberto Ferrari cominceranno a prendere forma ed i Fata vi avvolgeranno nella loro dark electro wave. Il disco, ops cd, parte subito molto forte, le prime quattro canzoni mettono in chiaro le coordinate del gruppo. Non c’è spazio, tempo e voglia per cercare di convincere gli ascoltatori del proprio suono. I Fata vanno dritti per la loro strada senza preoccupazioni di sorta. Con “L’Evidenza” il sound piega leggermente verso sonorità più ricercate, accentuate in “Nella Mia Noia” e “Cosa Pensi Di Me” (con un ritornello che fin dal primo ascolto ti entra in testa e ci rimane). Arrivati a “Sogni Di Carta” il disco, ops cd, vive un altro momento di splendore, per poi fermarsi un attimo con “Fragile” e “La Tua Retorica”. Ma tenetevi stretti perché il finale è pieno di languida Cure-wave ed il vostro corpicino fasciato da una camicia di finta pelle si contorcerà come un serpente cocainomane. I Fata non hanno inventato nessun nuovo genere, ma hanno studiato ed assorbito una attitudine musicale alle perfezione. In un mondo fatto di starlette starnazzanti vi sembra poco? A me no.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Zoe Lea

Gods, Iron And Lovers
Tornano i Zoe Lea nelle casse del mio stereo e diciamo subito che la band modenese è ancora tra le cose più eccitanti che si possono ascoltare in questo lembo di terra al confine dell’impero. Tornano con quattro pezzi, tre originali ed una cover. Partiamo quindi dalla fine, da quel “Heart And Soul”, uno dei pezzi che più amo del gruppo che più amo, i Joy Division. Gli Zoe Lea riescono nell’impresa di farla propria, non era facile, bravi. Tornando all’inizio, si comincia con “Lovermachine”, brano sincopatico e nervoso che ben dipinge le trame schizofreniche della band, si prosegue con “Electric Rod Boy” dalla verve più solare con tutte le influenze della band in bella mostra, da Andy Warhol a Superman, passando per Rambo, Elvis Presley, Marilyn Monroe e Ozzy Osbourne, infine si cerca rifugio in “River Of Gods” ed il trio in questione, gli Zoe Lea, sembrano giovani frequentatori del post punk di matrice newyorchese dei primi anni ottanta. In un momento storico durante il quale non si capisce cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, gli Zoe Lea mettono d’accordo le opposte fazioni, fanno tacere le malelingue, pestano i calli ai cattivoni. Da segnalare che oltre al cds in questione il trio ha prodotto anche il videoclip di “Lovermachine”, curato da un nome ormai leggendario della cinematografia italiota: Dipankara. Se vi capita date un occhio al clip, andate ai loro concerti e innamoratevi con questi quattro pezzi. Gli Zoe Lea meritano attenzione, più attenzione di quella che solitamente date alle vostre cose più care.

Formato: cds


(Pubblicato il: 28/11/2013)

AA.VV.

Solorobanostra
Dopo aver ospitato un’intervista con l’ideatore di “Solo Roba Nostra” in un numero scorso di Musicplus, rimango felicemente colpito dalla pubblicazione della prima raccolta del movimento che vuole portare la musica originale alle orecchie degli ascoltatori. Rimango colpito perché mi piace immaginare questo cd con quindici gruppi legati al territorio modenese, come alle storiche compilation “No New York”, “Yes L.A.” o “This Is Boston, Not L.A.”. Mi piace pensare che un domani “Solo Roba Nostra Vol. 1” sarà citato come punto focale della musica emiliana, inserito tra i dischi fondamentali di un passaggio che ha visto imporsi la musica “suonata” a dispetto di cloni senza anima. Mi piace pensarlo e mentre ci penso ascolto i Fango, i Lester, i Neronova, gli Ultima Corsa, i Lace Up, i Nouvert, i Dodo Reale, gli Stop?, i Brats, i Coffee Overdrive, i Controtempo, gli Anomina, Massimo Morselli, i Fata ed i Said. Ovviamente la raccolta spazia tra i generi, dal rock al pop-core, passando per la new wave, il dark, il pop, l’hard e la musica d’autore, come ovviamente ho le mie preferenze tra i gruppi ascoltati, ma in questo caso perché citare qualcuno piuttosto che altri. Se qualcuno si chiede il perché della presenza di questi 15 artisti rispetto alle decine di band che oggi compongono “Solo Roba Nostra”, è presto detto, sono i primi quindici iscritti al progetto. Presto sarà disponibile il secondo volume di questa avventura. Per il momento sostenete senza remore. Mi piace pensare che questa raccolta entrerà nella storia. Sì, mi piace proprio un casino.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Mquestionmark

Absolutely pizza
I Mquestionmark sono un trio di New York nato nel 2005 dalla voglia di mettersi in gioco da parte di Laura Sghedoni (italo-reggiana), già componente di altre band noise-rock/stoner-rock della Grande Mela. Dopo qualche assaggio sottoforma di democd ed aver partecipato a tutte le serate che contano dalle parti del lower end di Manhattan, il trio si è chiuso in sala di registrazione e ha scritto gli otto brani del debutto sulla lunga distanza pubblicato pochi mesi fa. “Absolutely Pizza” è così arrivato nei negozi di tutto il mondo, anche quelli peninsulari, con il suo furore mascherato nella malinconia di “I Don’t Remember Anymore But I Starter To Float”, brano che chiude in maniera struggente un disco da ascoltare tutto d’un fiato. Perfetta la scelta di non strafare con una tracklist lunga qualche chilometro, che solitamente mette in fila brani inutili e privi di spessore artistico. Perfetta scelta che permette all’ascoltatore di arrivare alla fine del cd con la voglia di riascoltarlo ancora una, due, tre, quattro volte. Un disco invernale, che ti scalda al solo battere incessante di “Strange Though It May Seem”, o alla carica erotica di “Karoshi”. Un disco così energico che il trio (due bassi ed una batteria) quando decide di fare sul serio (“I’m Ready”, “And The Winner Is”) non lascia un secondo di libertà per distrarsi in altre faccende. Insomma questi Mquestionmark fanno decisamente sul serio ed il loro rock newyorchese è un fedele compagno di viaggio per tutti coloro che amano le emozioni forti. Ma siamo proprio sicuri che siano di New York?

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Ramsazizz

Ramsazizz
Ramsazizz è un progetto nato dalle parti di Bologna, ma con l’anima nei Paesi di confine, come i Balcani, il nord Africa, la Francia meticcia e la Spagna. Un progetto che ha cercato nel suo debutto discografico di coniugare due aspetti musicali distanti tra loro come possono essere le musiche tradizionali e la tecnologia. Ne è nato un disco particolare che è riuscito a mantenere le radici dei suoni di provenienza geografica con gli aspetti più futuristici della musica contemporanea. Infatti negli undici pezzi che compongono il cd sembra di trovarsi in una sorta di casbah trasformata in dancefloor, dove immigrati dai nomi impronunciabili sono i dj per un pubblico di avventori altolocati, che rimangono estasiati da cotanto splendore sonoro. I Ramsazizz non a caso si sono avvalsi di alcune ospitate di alto rango per il loro debutto, che rispondono ai nomi di Roy Paci, Erriqez (Bandabardò), Rudeman e Lorenzo Monguzzi (Mercanti Di Liquori). Ospiti che hanno dato lustro (se mai ce ne fosse stato bisogno) all’intero disco. Sì, perché “Ramsazizz” suona maledettamente contemporaneo, suona come il mondo in costante trasformazione, suona come se le bande musicali gitane fossero in perenne festa, suona come una lenta ma inesorabile trasformazione culturale. Se siete amanti dei titoli di canzoni ecco le mie preferite: “Cosmopolitu”, “Sem Chi A Curtas I Ball”, “Calypso”, “Senor Moustafà”, “Clandestin Volontarie” (bellissima) e “Barrio Express”. I Ramsazizz attendono che gli chiamate al vostro matrimonio, per trasformare la vostra giornata “nella” giornata, ma non vi offendete se il vostro invito non sarà colto, magari saranno in mezzo al deserto tunisino a fare festa con i vostri invitati.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Le fragole

La Piccola Enciclopedia Del Bosco Vol. 1
Le Fragole arrivano da Borgo Panigale (Bologna), patria di motori rombanti a due ruote e suonano da oltre dieci anni. A dire il vero la band nasce dalle ceneri dei Radio KO e con “La Piccola Enciclopedia Del Bosco Vol. 1” debutta in tutto il suo solare benessere. La ricerca del nome, che può sembrare casuale e banale, è invece, nelle intenzioni di questi artisti, “un modo di essere” e non la sigla di un combo di pop rock sui generis. Detto questo possiamo iniziare l’ascolto ed essere immediatamente catapultati in un mondo irreale (“La Favola Degli Orchi”), nel canto soave di Laura Cenesi (“Qualcuno Lassù Ci Ama”), nei ricordi di una strage (“2 Agosto ‘80”), nelle corde pizzicate di una chitarra gitana (“Voce Profumata”), nell’amore non corrisposto (“Non Ha Nessun Interesse Per Me”), nei binari di una vita (“Verde”), nel folk alla Jehtro Tull (“Sono Un Fiore”), in un aperitivo lounge (“Al Bar”), nel delicato incontro di chimica duranti i pasti di una giornata qualunque (“Colori”), nella sigla di un ipotetico cartone animato (“Arance A Mezzanotte”), nel pianoforte lacrimevole suonato con sincera partecipazione (“Quasi Suicidio Sulle Scogliere Di Moher”), nelle domande senza risposta (“Il Cuore Non Ha Sempre Ragione”). Le Fragole sono dei signori musicisti, capaci di spaziare tra frizzi e lazzi mettendo però in lirica tematiche profonde come la fossa delle Marianne. Il loro debutto è un viaggio in punta di piedi in un mondo fantastico così reale da sembrare vero. Bravi e con quel guizzo in più rispetto a tanti altri. Sinceri complimenti. Complimenti sinceri.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Bed toys

Bottlenaked
Il rock, quello di stampo americano con lunghe criniere e chitarre fumanti nato ed esploso negli anni ottanta, quello di Motley Crue, Poison, Stryper, Hanoi Rock, Quiet Riot, quello che ha fatto sognare centinaia di migliaia di ragazzini in tutto il globo, quello delle air band che davanti ad uno specchio si esibivano per immaginarie platee oceaniche, quello che è stato un po’ in tutti noi (non vergogniamocene), insomma quello attraverso il quale prima o poi tutti ci passano, è il verbo di questi Bed Toys, band nata un paio di anni fa in quel di Ferrara ed oggi, dopo decine di concerti al fulmicotone, giunge all’atteso debutto sottoforma di minicd con cinque brani. Voce al vetriolo innestata su un sound sempre alla ricerca dell’assolo perfetto e del drumming assassino, i Bed Toys non inventano niente di nuovo, ci mancherebbe, però quello che fanno, lo fanno con dovizia e perizia. Tra i cinque brani, due sono stati registrati dal vivo (“Standing Shadow” e “Ain’t Talkin’ About You”), durante un concerto presso il Circolo Purgatorio Bikers di S. Giuseppe (Ferrara) e danno un perfetto esempio della forza della band sul palco. Ovviamente, come avrete intuito dai titoli, le liriche sono in inglese, nella tradizione del genere. Se ancora oggi vi ricordate i Guns o i Motley con fervido furore, i Bed Toys fanno per voi. Se invece non avete mai sopportato i capelli lunghi più di tre centimetri guardate oltre, qui non si scherza per nulla.

Formato: minicd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Marcello Capra

Ritmica-Mente
Marcello Capra è un musicista torinese attivo già alla fine degli anni sessanta con un gruppo beat di nome Flash. Passò poi al rock progressive con i Procession, che pubblicarono un lp nel 1972 ed aprirono i concerti di artisti del calibro di Van Der Graaf Generator, Osanna, Trip, Orme e Banco. Finita quella esperienza Marcello incise il suo primo disco solista, “Aria Mediterranea”. Iniziò quindi una lunga e duratura collaborazione con diversi artisti italiani, per poi ritirarsi dalle scene e continuare lo studio del suo strumento, la chitarra. Agli inizi degli anni novanta, la voglia di tornare sul palco lo “costrinse” a dare alle stampe un brano inserito nella raccolta “Fafnir”. Un anno dopo fu la volta della ristampa con inediti del suo primo album. Nel 1997 Marcello incontrò sulla sua strada la Toast che pubblicò “Danzarella”, seguito un paio di stagioni dopo da “Biosfera” e nel 2001 da “Alchimie”. Nel 2005 è stata la volta di “Vento Teso”, lavoro che ci porta direttamente ai giorni nostri con l’uscita di “Ritmica-Mente”. Dalle note del cd leggiamo: “Uno dei più grandi chitarristi che ci sia capitato incontrare in questi ultimi tempi. Dire che siamo rimasti senza fiato quando per la prima volta ci capitò di ascoltarlo è davvero minimizzare i sentimenti di pura gioia e d’euforia che provammo”. Michael Pergolani e Renato Marengo. Ovviamente se non vi interessa il suono della chitarra il lavoro di Marcello Capra non vi può appartenere, se invece nelle sei corde trovate un motivo di soddisfazione sensoriale questo è il vostro cd.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Odorama

Lude
Torno a scrivere degli Odorama con rinnovato piacere, se non è che guardando il loro myspace ho notato questi artisti tra le loro influenze: Beatles, Devo, New Order, The Cure, Smiths, Burial, N.I.N., Kraftwerk, Chemical Brothers e Letfield. Non male se pensiamo che questi musicisti modenesi sono alquanto interessanti e si pongono tra le nuove leve della musica elettronica con un piglio del tutto originale. “Lude”, nuova fatica autoprodotta contenente cinque tracce, è un microcosmo di pura alterazione sensoriale. Un caleidoscopio di colori che tende verso l’oscurità dell’anima. Se “We R Carpenters” percorre strade già battute, “Graffiti” mette a nudo il lato più viennese degli Odorama, suoni rarefatti con la voce di b.nz calda e provocatoria come non lo è mai stata. Con il successivo “Forever Me” possiamo ancora ascoltare ad occhi chiusi e sognare quello che più immaginiamo possa essere stupefacente per noi poveri esseri mortali. Il placebo indotto dalle canzoni appena sentite prenderà il sopravvento con “Nothing Here About You”, caldamente consigliata a tutti i fan dei Depeche Mode più intimisti e romantici. In chiusura il pezzo che da il titolo al democd, “Lude”, altro esercizio di stile dai contorni dark wave di matrice anglosassone. Gli Odorama sono tornati con cinque canzoni che mettono in luce un nuovo e diverso aspetto del combo rispetto al precedente lavoro. Sembra che i nostri si siano accorti che il mondo va a rotoli ed il tempo dei sorrisi sia finito. Forse hanno ragione.

Formato: democd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Compagnia d'arte drummatica

Dodici
Quattro cd in oltre dieci anni di attività. Non si può certo dire che la Compagnia D’Arte Drammatica segua le regole del mercato musicale che pretendono subito un singolo in alta rotazione ed un album pronto all’istante per le masse festanti. D’altro canto i suoni della Compagnia non sono decisamente per un ascolto radiofonico. Qui parliamo di musica contemporanea e sperimentale, quel limbo di sonorità che ai più fanno dire qualche imprecazione, mentre per pochi si tratta dell’unica forma musicale degna di essere ascoltata in questo scorcio di storia. La Compagnia nasce da una idea di Mario Martignoni, musicista intenzionato ad esplorare il mondo della percussione ortodossa e negli anni ha collaborato con il teatro, il cinema e la danza. Oggi la Compagnia ha al suo interno strumenti come la tromba, il sassofono, il contrabbasso, il pianoforte, il toy piano, l’armonium ed ovviamente le percussioni. Ma tra le note di questo cd si scopre che vengono suonati anche campane tibetane, crepitacoli, metallofono, tamburi ad acqua, lattine, forchette, vetrofono, flicorno, ruota di bicicletta, tubi wah-wah, insomma una pletora di strumenti reali ed “inventati” che danno corpo alle dodici sequenze del cd. Musica per lo più strumentale, tranne che in pochi episodi, come nel primo brano in scaletta, “Akisum”, dove Antonella Bertini si cimenta con un testo che descrive l’incontro delle genti della regione di Ailime con un viandante di Otnelas. Musica per sottofondi in mostre d’avanguardia. Musica per ascolti notturni. Musica per orecchie allenate. Musica per anime smarrite.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Q

Le Proprietà Elastiche Del Vetro
Primo numero in catalogo per una nuova etichetta indipendente peninsulare, che ha come obiettivo quello di pubblicare musica indie con testi in italiano. Coordinate semplici e lineari, ma che nascondono grande passione per le sette note e grande competenza da parte dello staff che compone la Micropop. Q, nome d’arte di Filippo Quaglia, è genovese e si definisce cantautore indietronico. Già conosciuto dietro ai synth dei Numero6, ha remixato brani per, tra gli altri, Casino Royale, Meganoidi, Sikitikis, Boosta e Masoko, ma per oggi Filippo è Q e si diverte in questo debutto solista a giocare a rimpiattino con noi ascoltatori. Registrato e mixato da Paolo Benvegnù (ormai sembra certo che qualsiasi cosa tocchi Paolo meriti un ascolto approfondito), “Le Proprietà Elastiche Del Vetro” è un cd che vuole essere così ermetico, da sembrare inaccessibile, ma allo stesso tempo mette in fila melodie così orecchiabili che l’ascoltatore si trova spiazzato in mezzo a questo turbinio di parole profonde e sonorità “facili”. Q si trova sicuramente a suo agio in questo vortice folktronico, dove atmosfere urbane si confondono con una intimità a volte spiazzante. Tra le collaborazioni da citare quella di Davide Di Muzio, voce dei Meganoidi, che canta in “Furgone Nazione” e quella di Filippo Gambetta, musicista folk che presta il suo organetto diatonico ed il suo mandolino nel brano “Nessuno Nella Stanza”. Da segnalare infine la bella confezione che contraddistinguerà tutte le pubblicazioni della Micropop, nella quale si è deciso di abbandonare la plastica a favore di un cartoncino piacevole al tatto. Ottimo debutto per la Micropop, ottimo debutto per Q.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

DNA2

Anima di pelle
Seconda prova discografica per i bolognesi DNA2. Seconda prova discografica che mette subito in luce una maturazione sonora molto marcata rispetto al debutto discografico. Maturazione che mi piace immaginare dovuta all’arrivo di Andrea Rubini (basso) e Riccardo Mozzo (chitarra). Andrea è una vecchia conoscenza dell’underground nazionale (Balkan Air in primis) e co-firma nove brani sugli undici in scaletta. Non male come nuovo innesto nella band. Ma torniamo al gruppo nella sua formazione completa. I DNA2 mantengono inalterato il loro sound riconducibile alle sonorità di Placebo (Giuseppe Lo Bue, voce, è quasi un sosia, fisicamente parlando, di Brian Molko), Verdena, Afterhours e Marlene Kuntz. Suoni rock pieni di energia, con una chitarra sempre in evidenza che sottolinea i testi (in italiano), che raccontano storie di malessere quotidiano. Il disco parte subito in quarta con “Prodigiosa Compagna Storta”, mentendosi su alti livelli anche con “Anima Di Pelle Complice”. Arrivati al terzo brano, “Già Così Diverso”, la band colpisce nel segno con uno dei pezzi migliori del cd. Un attimo di tranquillità si respira con “Lascio In Mente”, che ci conduce ad un altro momento topico dell’album, “Dentro Muore”, seguito subito dopo da “Come Se Fosse L’Ultima” (semplicemente stupenda nel suo incidere punk). Nei restanti brani da sottolineare “Rolling” (Nirvana docet) e “Viaggia Veloce”, chiusura sognante di un disco al fulmicotone. I DNA2, che vedono alla batteria un’altra vecchia conoscenza dell’underground nazionale, Cristiano Merini, si pongono come uno dei nomi sui quali scommettere per il futuro del rock peninsulare. Ma il rock è morto o no?

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Zeroin

The Death Of A Man Called Icarus
Debutto ufficiale, dopo un paio di autoproduzioni, per i modenesi Zeroin. Nati nel 2000, il quintetto ha, leggo dalle note biografiche, mutato il proprio indirizzo musicale da una sorta di rock alternativo con matrici elettroniche all’attuale noiserock. Infatti ascoltando i brani di questo cd, dal titolo inquietante, non si può che fare richiamo alle band più blasonate del genere. Un pizzico di Tool, un poco di N.I.N., senza dimenticare una spruzzatina di Marilyn Manson, ma anche un leggero sapore di Helmet ed una essenza di Alice In Chains, sono le coordinate di movimento della band, coordinate che i nostri eroi riescono a piegare al proprio volere. La bellezza di “The Death Of A Man Called Icarus” è insita nel fatto che gli Zeroin sono perfettamente calati nel genere, riuscendo a risultare alquanto originali e cattivissimi. Tra le stilettate in scaletta figura perfino una cover di “Cowboys” dei Portishead, irriconoscibile e maledettamente coinvolgente. Il disco, registrato in Italia, è stato masterizzato, fase fondamentale per la riuscita di ogni produzione discografica, in quel di New York da Jesse Bacus. Il suono che ne è uscito è infatti assolutamente internazionale. Gli Zeroin con questo disco non sembrano affatto i fratellini minori dei nomi internazionali sopracitati, ma degni colleghi che potrebbero figurare al fianco di Trent o Maynard su un qualsiasi palco mondiale. Non male se consideriamo che la nostra scena musicale è snobbata in buona parte del globo terracqueo. Da ascoltare senza indugi a volume altissimo.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Big mojo

Ready made
Big Mojo è il nome d’arte di Cesare Ferioli, musicista bolognese che ha militato in diverse band (Uxidi D.C. – punk, Tribal Noise – dark wave, Jack Daniel’s Lovers – rock’n’roll, Dirty Hands – rock blues) e collaborato, tra gli altri, con Andy J. Forest, Jr. Pitta, X-Raymen e Sciacalli. Da circa dieci anni il suo nome è legato al mondo dei club, dove come dj è riuscito a fondere tutte le sue passioni musicali in un programma che spazia dal blues al jazz funk, toccando perfino l’elettronica. Ora forte di nottate passate davanti alla consolle, Big Mojo si cimenta nel debutto discografico sulla distanza di un album. “Ready Made” è una cavalcata di groove lunga quattordici episodi sapientemente orchestrati e abilmente diretti. Quattordici inni alla club culture, quella più sofisticata ed elegante. Quattordici movimenti sonori che possono far la gioia di tutti gli amanti del funky, ma anche dell’electro sound o della black music e perché no, del jazz. Big Mojo si avvale in alcuni pezzi di voci come quella di Claudio Falcone, Max Ferrato e Ricardo Phillips (Ask), voci possenti e potenti, che danno un sapore internazionale alle composizioni. Insomma “Ready Made” è un gran disco, pieno di adrenalina, quella adrenalina che sprigionano i dancefloor più all’avanguardia. Qui non parliamo di discoteche per snob arricchiti, ma di sound vero, concentrico, ipnotico e coinvolgente. Sembra quasi un incontro tra i Cassius e Barry White, mentre Big Mojo guarda divertito una esibizione di Sly Stone, sorseggiando un Martini servito da Maceo Parker. “Ready Me” è da ascoltare vestiti con una camicia abbottonata fino al colletto ed una cravattina intonata, in mezzo a luci psichedeliche dai colori sgargianti. Bravo Big Mojo.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Banda putiferio

Attenzione! Uscita operai
Per scrivere questa recensione mi basterebbe elencare i nomi che hanno collaborato con la Banda Putiferio nei testi del libro e nelle musiche del cd. Un elenco così lungo, variegato e qualitativamente elevato da mettere in soggezione. Ma forse è meglio dire che la Banda, con questa nuova uscita discografica, si è gettata a capofitto in un progetto che era anni che non si vedeva in Italia. “Lavorare oggi: come sopravvivere?” è una sorta di sottotitolo/domanda, alla quale il libro (con diversi autori) ed il cd (con diversi artisti) cerca di dare risposta. Professioni analizzate con feroce ironia e sarcasmo, si legge e si ascolta di parrucchieri, spazzini, pubblicitari, onorevoli, autisti, flessibili, pensionati, tutti visti attraverso la lente dei giorni nostri, lente che trasformato il mondo del lavoro come solo dieci anni fa era impensabile immaginare. Azzeccata l’idea di ispirare ogni scritto del libro ad una canzone presente nel cd. Per i maniaci dei generi, vi basti sapere che i sedici brani spaziano tra folk e combat rock e che tra i nomi figurano Gang, Yo Yo Mundi, Steve Piccolo, Lou Dalfin, Stefano Giaccone, Gak Sato e Mercanti di Liquori. Grande progetto. L’unica pecca è che alla fine della lettura/ascolto si rimane con l’amaro in bocca. Le storie descritte sono tremendamente reali, a volte si preferisce dimenticare o fare di niente, invece “Attenzione! Uscita Operai” ci mette davanti alla tragica realtà dei fatti. Il mondo del lavoro con tutte le sue ingiustizie e le sue contraddizioni di merito. Un plauso alla Banda Putiferio e a tutti coloro che hanno partecipato a questo imponente progetto.

Formato: libro + cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Radiohead

In rainbows
Di questo album si è parlato molto. E’ stato il primo lavoro, di una band importante, messo on-line e pagato la cifra che ogni ascoltatore riteneva più giusta. A conti fatti c’è chi dice che i Radiohead hanno vinto una battaglia, chi di contro afferma che il gruppo inglese ha perso miseramente contro i “copiatori”, che in decine di migliaia non hanno pagato nemmeno un centesimo per scaricare l’album. Chissà chi ha ragione, forse nessuno e come il solito, la verità è nel mezzo. Comunque, per chi ha cercato di acquistare on-line la lussuosa edizione con cd e vinile e non c'è riuscito (come il sottoscritto), oggi è disponibile nei negozi di dischi l’edizione in cd (in alcuni punti vendita addirittura la versione in vinile) di “In Rainbows”. I Radiohead hanno quindi scelto di appoggiarsi ad una casa discografica, nella fattispecie la XL Recordings, per giungere nel luogo più naturale dove acquistare musica: un negozio di cd. In un packaging d’alta scuola, le dieci canzoni di “In Rainbows”, mettono alla luce un gruppo sempre in gran forma. Qualche concessione in più rispetto ai precedenti lavori è stata fatta, i Radiohead mettono da parte qualche sperimentazione e ritornano ad una forma più vicina agli ascoltatori che ancora rimpiangono i primi album. Un disco che si ascolta con piacere, non soffre assolutamente di protagonismo e ci consegna una band ancora maledettamente una spanna al di sopra di moltissimi colleghi. Tra i pezzi da segnalare: “Bodysnatchers”, “Nude”, “House Of Cards” e “Videotape”. Se non sapete come investire quindici euro, compratevi “In Rainbows” ed ascoltatelo a ripetizione, perché qui si fa la storia. Abbiate fede ed andate in pace.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)